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Forse non è la fine – La prima puntata dopo l’ultima puntata de La Regina degli Scacchi

Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di La Regina degli Scacchi.

L’aria fredda di Mosca pizzicava sottile le guance di Elizabeth Harmon, ma lei non sembrava affatto percepirlo. Nelle sue vene scorrevano solo adrenalina e passione, mentre di fronte a lei sostava pensieroso un anziano signore russo di cui non conosceva il nome. Quest’ultimo si stava dimostrando un avversario più insidioso del previsto. Ma questa volta Beth si era spogliata dei suoi titoli e delle aspettative: giocava solo per se stessa, si crogiolava nella consapevolezza di essere nata per orientarsi e danzare in quell’affascinante mondo in bianco e nero. Per la prima volta dopo tanto tempo giocava per il semplice gusto di farlo.

Aveva finalmente svegliato il suo cervello dall’anestetico torpore in cui lo aveva relegato per anni. Elizabeth Harmon era semplicemente Beth. Lo sguardo dietro l’intreccio affusolato delle sue dita era come quello di una bambina ambiziosa. Inconsapevolmente, oltre i vestiti firmati e perfettamente stirati, c’era la stessa silenziosa ragazzina dai capelli rossi che sgattaiolava nello scantinato per sfidare nuovamente il signor Shaibel. Ecco, in quella pungente giornata russa lei era rinata insieme alla sua passione.

Come prevedibile, quella partita terminò a favore di Beth, la quale afferrò con il solito gusto lo sguardo di disfatta del suo avversario. Era davvero la regina degli scacchi.

La Regina degli Scacchi
La Regina degli Scacchi – Forse non è la Fine

Invero, dopo quella partita ne seguirono molte altre, con avversari diversi e tutti ugualmente entusiasmanti. Beth avrebbe potuto continuare all’infinito, era diventata pura adrenalina, mentre il mondo e le sue preoccupazioni si dissolvevano come il ricordo ovattato di un brutto sogno. Eppure, quello stesso mondo accorse a reclamarla, svegliandola da quella pausa dal sapore onirico.

La vita di Elizabeth Harmon riprese a scorrere al suo consueto ritmo, anche se la consapevolezza di quel viaggio e di quella esperienza non aveva ancora pienamente attecchito su di lei. Certo, Beth aveva messo in valigia il suo scintillante trofeo e i soldi della vittoria, ma non era ancora in grado di realizzare appieno l’impresa che aveva compiuto.

Il coagularsi delle intense giornate appena trascorse si adagiò sulle sue labbra in un malcelato sorriso di eccitazione, mentre il suo sguardo era fisso sulle nuvole che scorrevano ondeggianti oltre l’oblò dell’aereo che l’avrebbe riportata a casa.

Così, mentre tesseva la sua ragnatela di pensieri felici, cadde in un meritatissimo sonno ristoratore. Il quale, tra le altre cose, ebbe il merito di restringere sensibilmente la durata non indifferente di quel viaggio aereo.

La Regina degli Scacchi
La Regina degli Scacchi – Forse non è la Fine

D’improvviso, quando il potrellone dell’aereo si spalancò dandole il bentornata in America, un barlume di consapevolezza le strizzò il volto.

Il Kentucky e Mosca non le erano mai sembrati così vicini, eppure così lontani. Non era abituata alla sobrietà dei suoi pensieri, in quel momento avrebbe davvero voluto che al suo fianco ci fosse una mano familiare da stringere.

Ciò che ricercava, in realtà, era la mano di sua madre adottiva e il poter commentare insieme i lussuosi alberghi russi e le bizzarrie della loro cucina. Certo, anche un drink non le sarebbe dispiaciuto, ma decise che non avrebbe permesso a pensieri del genere di inquinare il suo attuale stato di beatitudine felice.

A quel punto, il chiassoso eco della realtà rimbalzò su di lei, scuotendola come la chioma di un albero nel bel mezzo di un temporale.

La Regina degli Scacchi
La Regina degli Scacchi – Forse non è la Fine

A un passo dal suo sguardo si stagliava un muro invisibile di flash, fotocamere e giornalisti che pendevano dalle sue labbra. Ad attenderla negli Stati Uniti d’America c’erano i volti marmorei di tutti coloro che si erano rifiutati di pagarle il viaggio e che, ora, volevano sentirsi parte integrante di quel traguardo. In quel momento erano tutti suoi amici e, molto probabilmente, lo sarebbero stati fino alla sua prossima richiesta di aiuto o di soldi.

Le sembrava tutto così poco reale, osservava lo scorrere frenetico di quella baraonda come fosse un film o una cosa lontana che non la riguardava. Le chiesero del comunismo, della Russia, di cosa si provasse a vincere per l’America.

Beth sgattaiolò fuori da quella situazione sfoderando qualche frase di circostanza. Era troppo stanca e stralunata per trovare le parole giuste per esprimere i suoi pensieri. D’altronde, il gioco degli scacchi le aveva insegnato una lingua universale. Per lei non esistevano più differenze tra le persone. Non c’era il russo, l’inglese e l’americano. C’erano solo persone e avversari. L’unica cosa che le interessava era il colore dei pezzi che quelle persone stringevano tra le mani e l’esito della partita. Nel suo piccolo mondo libero non c’erano cattolici o comunisti, solo avversari da battere e re da incastrare.

Nell’inciampare goffo dei suoi pensieri, e delle relative prese di coscienza, arrivò finalmente a casa. Le sembrava passata una vita dall’ultima volta che si era chiusa quella porta alle spalle. Giunta nel suo piccolo rifugio, Beth sistemò i bagagli e si concesse un altro lungo pisolino.

A svegliarla questa volta fu il suono insistente del citofono. Si fiondò alla porta con i capelli in disordine e il segno del cuscino ad accartocciarle il volto.

La Regina degli Scacchi
La Regina degli Scacchi – Forse non è la Fine

La figura longilinea ed elegante di Jolene sostava impaziente sull’uscio della porta. I suoi riccioli neri si aggrovigliavano nel loro caos ordinato e, dietro i grandi occhiali da sole, brillava lo sguardo sghembo e tacitamente emozionato della ragazza.

Allora, la Russia è così impervia come dicono Mozzarella?

Jolene si catapultò tra le sue braccia e il loro fu un lungo abbraccio. Non erano mai state grandi sostenitrici del contatto fisico, ma questa volta si lasciarono andare alle emozioni come non avevano mai fatto prima. Entrambe erano cresciute, entrambe avevano affrontato e superato le loro paure. Ed eccole lì, due sorelle del destino che assaporano una felicità pigra.

Le ore successive si accavallarono impetuose. Per Beth e Jolene fu un salto nel passato, con gli arzigogoli liberi del presente. Avevano passato un’intera vita a sentirsi sole e, in quel pomeriggio di chiacchiere e commozione, si resero finalmente conto di non esserlo mai state. Tutto ciò che la vita le aveva tolto ora ritornava come un fiume in piena.

Chiudi gli occhi.

Quando Beth Harmon pronunciò queste parole Jolene assunse un’espressione interrogativa. Incerta su cosa quell’affermazione potesse significare.

Chiudi gli occhi”. Queste sono state le ultime parole di mia madre prima di morire, poco prima del mio arrivo al Methuen. Quando me lo chiedesti la prima volta non avevo il coraggio di risponderti. Ecco, ora lo sai.

Nel pronunciare queste parole Beth chinò il capo verso il basso, quasi si vergognasse di quel ricordo che, come un vecchio fantasma, la tormentava da anni. Nella stanza calò un silenzio pesante. La serenità di poco prima si era infranta come un bicchiere di cristallo sul pavimento.

Oh Mozzarella, l’unica cosa che conta è che tu abbia finalmente trovato il coraggio di riaprire quegli occhi al mondo.

Ciò che aveva detto Jolene riaccese un fuoco sconosciuto nell’animo di Beth, che scoppiò in un interminabile pianto liberatorio. Improvvisamente si sentì a casa ed ebbe la concreta e inevitabile certezza di cosa avrebbe fatto l’indomani successivo. Del Presidente, della stampa, dei salotti tv le interessava davvero poco.

Così, allo spuntar del sole, Elizabeth Harmon prese la sua valigia, si armò del coraggio che solo ora sapeva di avere, e si diresse verso l’unica destinazione degna di essere raggiunta.

La Regina degli Scacchi

Quando arrivò davanti la piccola e fatiscente porta di Benny Watts si fermò un attimo prima di bussare. Beth sapeva di essere la versione migliore di se stessa in quel preciso istante della sua vita, ma aveva il tacito e stupido timore che Benny non l’avrebbe amata. A dire il vero Beth non sapeva neanche se credere all’amore, o peggio agli uomini. Erano sempre andati via tutti, finché anche lei non aveva imparato a scappare.

Ma la vita non ha vie di fuga, ti pone con le spalle al muro come nel più spietato degli scacco matto. E se si vuole vivere, si deve rischiare. Così Beth si decise a bussare e aspettò paziete che la porta sprigionarsse il suo rumore metallico prima di spalancarsi ponendola al cospetto del suo Benny.

I due si ritrovarono faccia a faccia e nessuno dei due aveva il coraggio di scongelare il silenzio robusto e imbarazzante che si era interposto tra i due. Ma come calamite che non possono evitare di attrarsi, crollarono l’uno nelle braccia dell’altro. Avevano abbattuto le barriere, incendiato le barricate e affrontato se stessi. In modi diversi e con sentieri paralleli avevano trovato il modo per ricostruirsi e poi ritrovarsi.

Gli scacchi erano un rifugio, un non-luogo sereno in cui entrambi avevano chiuso loro stessi. Era il momento di uscire e concedersi la felicità. Era finalmente il momento di abbandonare la solitudine e accettare l’unione. Il momento di giocare la partita più difficile e importante della loro vita: fidarsi. Amare.

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