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Forse non è la fine – La prima puntata dopo l’ultima puntata di Mr. Robot

Mr Robot

Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di Mr Robot.

Hey amico, quello che sto per dirti è top secret. È qualcosa che “quelli” non vogliono che tu sappia, qualcosa che può cambiare per sempre le cose. Hanno tutto l’interesse per tenerti fuori ma io sono qui per dirti la verità, sono qui per te. Sì, lo so che non mi crederai. So che pensi sia la solita fregatura ma ascoltami un secondo e vedrai. La scelta è tua: pillola blu o pillola rossa“.

D’accordo, La ascolto“, disse una voce metallica. Elliot strabuzzò gli occhi: sul suo volto era una concentrazione totale ma lo sguardo sembrava fissare il vuoto. Si inumidì appena le labbra con la lingua e un vago sorriso andava ora a tendere le estremità della bocca. Prese fiato.

Mr Robot
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Vedi, molte aziende affermano di essere indispensabili, che le cose sono troppo complicate per essere gestite internamente e tirano fuori tutta una serie di paroloni per confonderti le idee. Qui alla Allsafe invece ti garantiamo un software che si occuperà di ogni cosa e alla metà del costo. Un software con un’interfaccia così intuitiva che anche una scimmia riuscirebbe a gestirlo.

Il programma invierà un resoconto in tempo reale ai nostri tecnici che potranno controllare come in un elettrocardiogramma ogni variazione, ogni alternazione sospetta e saranno pronti a intervenire prima ancora che la violazione al sistema si concretizzi. Tutto a prezzo di saldo, perché non dovranno muoversi da qui: potranno fare tutto in remoto. Sarà come averci lì h24 ma… senza vederci e senza pagarci. Allora: che ne dici?

Che mi sembra troppo bello per essere vero“. “Eppure lo è, amico. Ti invio il nostro prospetto e aspetto una tua chiamata nel giro di pochi minuti. Questo servizio è molto richiesto e possiamo proporlo solo a un numero limitato di aziende. A dopo, amico“. Elliot riagganciò il telefono senza attendere risposta. Se prima il sorriso era solo abbozzato ora gli attraversava la faccia da parte a parte. Rimase in un religioso silenzio, in attesa che l’impulso elettrico compisse un percorso di poche centinai di metri e dalla centralina giungesse fino all’apparecchio distrattamente posizionato su una scarna scrivania da ufficio.

Elliot
Mr Robot

La magia si compì, il telefono squillò. “Pronto“, “Ci sto“. Elliot riattaccò. Alzatosi dalla sedia girevole iniziò ad attraversare un lungo stanzone dalle pareti bianche. Attorno a lui erano una serie infinita di postazioni occupate da un numero altrettanto sorprendente di persone. Ognuno era indaffarato in chiamate, operazioni al pc, discussioni con un collega. Era un ufficio all’ora di punta, in piena fibrillazione.

Mentre Elliot lo attraversava, superando un enorme schermo a parete, la sua presenza sembrava alterare la realtà che gli era intorno. Era come se da lui partisse un’onda che finiva per propagarsi in ogni dove increspando l’aria e investendo tutte quelle persone. Molti allora si voltavano verso di lui indirizzandogli un caldo sorriso, subito ricambiato, e prendendosi qualche momento per fissare il ragazzo.

Elliot arrivò a un’ascensore e dopo aver spinto il pulsante si voltò, quasi ad ammirare quell’ufficio così caotico e vivo. L’ambiente si sviluppava in lungo e largo senza soluzione di continuità: in fondo v’era una rossa scritta che annunciava a tutti che quella era la Allsafe, “Cybersecurity with a smile“. Poco al di sotto un volto sorridente, dai grandi baffi, somigliante alla mascotte di qualche merendina, inscritto in un riquadro nero. L’ascensore suonò annunciando l’apertura delle porte, Elliot si voltò e sparì al suo interno.

Mr Robot
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In strada la vita era frenetica quanto quella che si respirava nel grande ufficio bianco. Automobili, taxi e centinaia di pedoni in eleganti tailleur e giacche di lino si affrettavano lungo un’ampia arteria stradale cinta in ogni dove da svettanti grattacieli. Qualcosa non andava, però. Elliot iniziò ad accelerare il passo, mentre attorno a lui ogni cosa si faceva più convulsa e indistinta. Il fiato gli si fece corto e la testa stranamente leggera mentre sentiva di perdere contatto con la realtà.

Elliot! Elliot!“, quella voce lo fece tornare in sé, ridiscese dall’irreale spazio in cui stava per piombare e riprese consistenza mentre ogni cosa tornava ad assumere le giuste proporzioni. “Elliot!“, ripetè ancora, squillante. Una mano lo afferrò da dietro spaventandolo leggermente. “Hey, tutto bene?“. Quella voce proveniva da una faccia dalla bocca larga e dalle labbra voluttuose. I capelli stopposi ma fluenti erano scossi appena da un vento leggero mentre i verdi occhi erano appena intuibili sotto due spesse lenti scure con una montatura di un rosso acceso.

Darlene si chinò preoccupata sul fratello. “Hey, hai avuto un attacco? Sai che devi avvisarmi quando capita“. “Sto bene, Darlene, sto bene“. “Sai dove di trovi?“. “Lo so“, disse Elliot con un improvviso scatto nervoso. In quell’instante Darlene rivide nel fratello qualcuno che credeva sparito per sempre. Qualcuno a cui voleva bene e con cui aveva condiviso qualcosa di importante. Ma era una vita fa, un’altra vita. La ragazza scosse via da sé quel pensiero e tornò ad avvicinarsi al fratello stringendolo.

Mr Robot
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Elliot in quell’abbraccio riprese totale padronanza di sé, si rabbonì e ricambiò la stretta con bambinesca felicità. “Sai, ho concluso l’affare“. “Lo so“, replicò pimpante Darlene. “Hannah mi ha informato“. Nel dirlo sorrideva e quasi saltellava sul posto. Elliot alzò lo sguardo e rise divertito. “Fratellone, se vuoi ti accompagno, posso…“, “No“, la interruppe prontamente. “Non serve, tranquilla“. Il sorriso di Elliot allontanò la preoccupazione dal volto di Darlene che tornò a rilassarsi. “Ci vediamo dentro“.

New York era inondata da una calda luce pomeridiana. Gli alti grattacieli riflettevano il sole ambrato e tutto sembrava andare sfumando. Anche la frenesia di qualche minuto prima pareva più controllata e sorniona. Elliot chiuse gli occhi e si fece trasportare dalla quiete allargando appena le braccia. Un rumore, però, lo ridestò improvvisamente. Aprendo gli occhi notò un tale che lo fissava e che aveva poi, poco prontamente, distolto lo sguardo.

Un cruccio appena segnato aveva incrinato le sopracciglia di Elliot che ora procedeva a testa bassa con le mani in tasca e la schiena ripiegata. Tutto il corpo era stretto su se stesso, chiuso al mondo esterno. Sapeva di essere seguito. Sentiva di essere seguito. Svoltò alla prima traversa e si fermò un istante. Un rumore lo rimise in moto. Qualcuno continuava ad andargli dietro. “Stai calmo, ragazzo. Stai calmo“, una voce profonda parlava alla mente e al cuore di Elliot tentando di tranquillizzarlo. “Va tutto bene, kiddo. Continua a camminare“.

Alderson

Elliot proseguiva, mentre dentro di sé si alternavano immagini confuse, grosse facce dal sorriso inquietante, volti conosciuti ma quasi dimenticati e ricordi di una vita passata. Sentì di nuovo un rumore dietro di sé, alzò il bavero della giacca e svoltò di nuovo accostandosi alla parete di un vecchio palazzo. Per un attimo si lasciò andare mentre sentiva i passi proseguire, sempre più vicini, sempre più forti, sempre più ostinati. Una rabbia improvvisa lo prese e quando il rumore divenne troppo forte Elliot si lanciò contro l’ignoto. Per un attimo fu come se perdesse coscienza, poi si ritrovò attaccato a una nera figura.

Ah!“, fece una voce squillante. Elliot rimase scosso e incerto da quell’acuto mentre provava a mettere a fuoco l’immagine davanti a sé. Erano delle gambe affusolate con delle basse scarpette. Elliot alzò lo sguardo mentre gli si apriva sempre più la vista di una figura non troppo slanciata con un largo abito a fiori. I capelli lunghi e ordinati si chiudevano con una frangetta incerta, spezzata e orientata sui lati del viso. Le folte sopracciglia erano alzate in un’espressione di incerto stupore. Elliot provò ad attingere alla sua memoria, quella che al momento gli sembrava la memoria di un altro, per pescare un nome, per trovare un senso a quella sensazione di calore, imbarazzo e tristezza che d’improvviso l’aveva sopraffatto.

Olivia?“, “Elliot! Mi hai spaventata. Non posso dire di essere sorpresa, comunque“, disse la donna con un sorrissetto che le metteva in risalto i prominenti zigomi. Elliot si fece titubante. Non era abituato a esserlo, non più, ma in quella giornata era già la seconda volta che gli capitava. “Non ci vediamo da…“, “Già ‘da’!“, fece lei. “Come stai, ti avevo visto da lontano e provavo a raggiungerti, ti ho anche chiamato ma sembrava proprio che fuggissi da me…“. “No, ecco, no, non avevo capito che fossi tu“. “E chi pensavi che fossi? Qualche agente governativo?“, fece divertita. Elliot alzò lo sguardo serio e anche lei tornò seria.

Olivia Cortez
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Mi spiace per come è andata, non volevo fare quello che ho fatto. Vedi, non ero in me. Io, io…“, Elliot era tornato ad abbassare la testa e a balbettare mentre nella mente riaffiorare il ricordo di Olivia, di quella ragazza per cui aveva provato qualcosa di autentico per la prima volta dopo tanto tempo ma che alla fine aveva scelto di ricattare per ottenere l’accesso alla Cyprus National Bank, per distruggere il Deus Group.

Dentro di lui era una voce femminea ma scortese, sprezzante e disgustata che gli urlava che era un incapace. ‘Sei un fallito, Elliot, sei solo un manipolatore. Lo sei sempre stato, lascia stare questa ragazza. Cosa pensi che otterrai eh? Causerai solo l’ennesimo dolore, tu incapace ragazzino, immaturo e psicopatico‘. Quella voce si faceva sempre più forte ed Elliot sempre più piccolo, sempre più opaco, inconsistente. “Elliot?“, disse Olivia, sorridendo di nuovo, mentre inclinava la testa cercando il contatto con gli occhi abbassati di Elliot. Insistè con ostinazione: voleva guadagnarsi lo sguardo del ragazzo.

Elliot sentì un rumore. Vide in lontananza un bambino che giocava. Stava smontando un vecchio computer, divertito. Il bimbo gli sorrise e qualcosa dentro di sé gli sussurrò di non avere paura, di non nascondersi più. Alzò lo sguardo, Olivia sorrise più apertamente. “So che adesso hai un’azienda, sei importante -nel dire “importante” fece una voce strana-. Hai riabilitato il nome di molti… Hai restituito fiducia a tanta gente, lo sai. Anche a me“. Il sorriso si fece più amabile.

Mr Robot
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Elliot, contagiato da quel volto così dolce e bendisposto, prese coraggio mentre le voci dentro di lui si attenuavano fino a scomparire. “Beh, ho fatto quello che ho potuto“, si schernì. Lei fu divertiva da quell’imbarazzo malcelato. Aveva visto spesso in televisione Elliot Alderson, il CEO della Allsafe, la rediviva azienda creata in memoria di Gideon Goddard. In tutte quelle interviste gli era sempre apparso una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto. Era sicuro, estroverso, a tratti perfino un po’ troppo pieno di sé. Ma ora, in quel momento, sembrava l’Elliot di tanto tempo prima o almeno una parte di lui, quella più autentica e timorosa di scoprirsi davanti agli altri. Quella che tanto l’aveva colpita una vita fa.

Posso offrirti un caffè?“, disse incerto Elliot. “L’importante è che non lo correggi con qualche droga“, fece lei per scherzo. Lui abbassò lo sguardo, colpevole, ma lei gli afferrò la mano. Era un gesto totalmente fuori luogo, un atto di intimità che non aveva ragione di esistere. Eppure, a dispetto di tutto, a dispetto di ogni convenzione e logica, lei gli stava stringendo la mano. Elliot sentì le dita delicate intrecciare le sue e vide i segni sul polso di Olivia, ricordi di errori, ferite inferte in un altra vita. “Mai più“, disse a sé stesso. “Mai più” ripetè un coro di voci, mentre Elliot camminava verso la Third Avenue e stringeva forte la mano.

Il tempo sembrava essersi riavvolto: d’improvviso, con un salto inaspettato, le lancette tornavano a battere su ore già vissute e sprecate. “Ho ancora tempo, sono in tempo“, pensò tra sé Elliot mentre un inaspettato sorriso si dipinse sul suo volto. New York giaceva ora silenziosa mentre il sole s’era abbassato e la sera faceva capolino dalle ombre allungate dei grattacieli.

Olivia
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Una leggerezza nuova lo avvolse tutto mentre in lui si apriva la speranza di una vita che aveva rimandato per troppo tempo. Una vita che si era negato. “Mai più“, sussurrò appena, mentre si avviava verso l’ultima macchia di sole. Guardò Olivia, si soffermò sul suo volto illuminato dalla luce, sullo sguardo sereno. Olivia se ne accorse e ricambiò l’occhiata. Stavolta, però, la ragazza non sorrideva. Era stranamente seria, come avesse scorto qualcosa, qualcuno, che forse non sperava di vedere. “Ciao“, fece lei con voce dolcissima. “Ciao“, disse lui, timido e preso da una consapevolezza nuova. Il sole calò dietro l’ultimo, ostinato grattacielo e una tiepida sera fece la sua comparsa.

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