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Behind The Series – Pacific Rim: la Zona Oscura, le origini

Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico.

Pacific Rim: la Zona Oscura è stata una vera sorpresa. La Serie Tv animata targata Netflix si è rivelata una piccola perla, al di là di ogni aspettativa (qui trovate la recensione della prima stagione). I fan, infatti, si dividevano in due fazioni: chi aspettava con ansia l’arrivo dell’anime sulla piattaforma streaming e coloro che attendevano l’evento con angoscia. Perché questo? Perché Pacific Rim: la Zona Oscura altro non è che una serie ambientata nello stesso universo narrativo del film Pacific Rim, diretto da Guillermo Del Toro e uscito nelle sale nel 2013.

Benché il film fosse stato accolto tiepidamente dalla critica, nel corso degli anni è diventato un vero e proprio cult.

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Pacific Rim ha infatti dato vita a un universo narrativo in grado di mettere in comunicazione due mondi molto diversi per cultura e mentalità: quello orientale e quello occidentale. Il film, infatti, racconta di un futuro distopico nel quale la Terra deve fronteggiare una gravissima minaccia.

I Kaiju, delle mostruose e gigantesche creature aliene, giungono sulla terraferma dalla Breccia, un’apertura simile a una fossa oceanica collocata nel Pacifico. Questa struttura mette in comunicazione il nostro Universo con quello di entità aliene, che l’hanno creata con lo scopo di conquistare nuovi mondi. L’unico modo per poter combattere i Kaiju sono gli Jaeger, delle macchine antropomorfe alte ottanta metri e guidate da due piloti.

E già qui viene spiegato qual è il tema centrale del film: la condivisione.

Per guidare uno Jaeger, infatti, non è sufficiente una sola persona: la macchina è collegata direttamente al cervello del pilota, che gli comunica le corrette mosse tramite impulsi nervosi. Il carico neurale, però, è eccessivo per un solo individuo. Motivo per cui sono necessari due piloti, perfettamente coordinati tramite quello che viene chiamato drift, un ponte neurale che mette in comunicazione loro e lo Jaeger. Per fare ciò, serve una grande sintonia fra i due piloti, che stabiliscono fra loro un legame che va oltre la fratellanza. E questo è appunto il principio basilare di Pacific Rim: come viene spiegato proprio all’inizio della pellicola, tutti i Paesi del mondo si sono trovati paradossalmente uniti a combattere un pericolo comune, accantonando vecchie rivalità. Solo attraverso collaborazione e fratellanza è possibile combattere una minaccia così mastodontica.

Ma Pacific Rim non solo riesce a rendere alla perfezione il valore della fratellanza.

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Oltre al piano ideologico, anche da un punto di vista simbolico ed estetico la pellicola riesce a coniugare alla perfezione anima occidentale e giapponese.

L’intera vicenda si svolge ad Hong Kong, ultima sede della Resistenza. I Kaiju nel corso degli anni sono diventati sempre più aggressivi, adattandosi agli attacchi degli Jaeger, così come farebbe un qualunque animale nel corso della selezione naturale. Peccato che i mostri non esistano in natura, ma siano stati creati ad hoc dagli alieni invasori, studiando i terrestri ed esaminando i loro punti deboli.

La crescente aggressività dei Kaiju ha dunque portato i Governi a decretare il fallimento del progetto Jaeger, a favore invece della Muraglia della Salvezza, una gigantesca struttura che dovrebbe proteggere la costa pacifica dagli attacchi delle titaniche creature. Il Marshall Pentecost, al comando dell’esercito dei robot, raduna dunque i pochi piloti sopravvissuti per organizzare l’ultima resistenza contro gli alieni, in attesa che il muro venga ultimato. Fra questi c’è anche Raleigh Becket, un combattente di grande talento, ma anche un’impulsiva testa calda. Malgrado la sua eccezionale bravura il ragazzo aveva abbandonato la carriera di pilota dopo un tremendo combattimento, durante il quale il fratello Yancy – suo compagno nel driftera stato divorato da un Kaiju.

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Raleigh trova dunque una nuova, inaspettata compagna nel drift: Mako Mori. Nonostante i due non si siano mai visti prima di quel momento e non abbiano un’evidente compatibilità fisica, sono perfettamente in grado di interconnettersi. Ed ecco che due persone provenienti da due mondi diversi, all’apparenza diametralmente opposti anche caratterialmente, si ritrovano uniti in uno dei legami più forti mai concepiti. Quando sono all’interno dello Jaeger, i due ragionano come una sola persona e agiscono di conseguenza.

Già questa insospettabile coppia ci fa comprendere l’importanza che Pacific Rim dà alla coesione di realtà diverse e incompatibili a uno sguardo superficiale. Ma non solo: anche gli scienziati addetti all’analisi del fenomeno Kaiju riescono a costruire un’alleanza prima impensabile. Hermann e Newton, questi i nomi dei due uomini, non potrebbero essere più diversi. Newton è un fan accanito dei Kaiju e ha un approccio alla scienza disincantato. Secondo lui la cosa migliore per poter comprendere i mostri alieni è interconnettersi con il loro cervello. Idea che Hermann, un teorico fissato con la matematica, ovviamente disprezza. Ma anche loro alla fine riusciranno a comprendere l’importanza della collaborazione. Sembrerebbe un concetto semplicistico quello di Pacific Rim, ma che in realtà non va dato per scontato. Soprattutto se viene trattato su più livelli.

Anche da un piano estetico, appunto, il concetto di unione e collaborazione viene ribadito più volte. L’ambientazione, infatti, è dichiaratamente orientale e tutto, nella scenografia, richiama il gusto d’Oltreoceano. Anche il design degli stessi Jaeger attinge molto agli anime giapponesi, da Atlas Ufo Robot, a Jeeg Robot, a Goldrake. La perfetta coniugazione di Giappone e Occidente è poi ribadita anche nella scelta dei nomi. Il termine Kaiju, infatti, è di derivazione giapponese e indica genericamente dei mostri titanici. Jaeger, invece, deriva dal tedesco ya’ gar e significa “cacciatore”.

Due termini provenienti da due mondi diversi, dunque. Per non parlare del fatto che il concept di Pacific Rim non è del tutto esente dalle influenze della serie cinematografica di Godzilla, anch’essa imbevuta di cultura giapponese, ma sviluppata per anni negli Stati Uniti.

Pacific Rim: la Zona Oscura porta alle estreme conseguenze la lezione del film d’origine

La Serie Tv, infatti, è il simbolo della perfetta unione di Oriente e Occidente. I creatori e sceneggiatori sono infatti statunitensi, mentre i registi giapponesi. Il design si rifà anche in questo caso a storici anime. E qui gli Jaeger richiamano ancora di più figure iconiche come quella di Jeeg Robot.

Lo show, inoltre, è un anime. Anziché realizzare una serie in live action, si è scelto volutamente di creare un prodotto animato, che per la resa dei personaggi ricorda molto da vicino i protagonisti dei manga. L’ambientazione, però, è cambiata: ora ci troviamo in Australia, quindi in territorio occidentale. Questo però non impedisce che permangano i valori fondamentali della cultura giapponese, come la lealtà e l’onore. Ci troviamo infatti in un mondo dove vigono regole molto precise. La necessità di combattere va oltre i legami di sangue, per esempio. Lo sanno molto bene i genitori dei due protagonisti Taylor e Hayley, due piloti Jaeger costretti a lasciare i figli per combattere i mostri e andare incontro a un destino incerto.

Una scelta terribile la loro, è vero. Ma ciò per cui sono stati addestrati è la battaglia e non hanno scelta. Anche perché se l’umanità dovesse venire sterminata dagli alieni, anche i loro figli morirebbero. Decidendo di andare a combattere, i due scelgono anche di proteggere coloro che più amano, anche se a carissimo prezzo.

I rigidi codici d’onore vigono con maggiore intensità anche nell’accampamento di Shane, il villain della storia. L’uomo è un cacciatore di Kaiju e ne rivende uova, organi interni in cambio di parti meccaniche con cui costruire Jaeger. Il contrabbandiere ha un legame molto particolare con Mai, una ragazza orfana di genitori che, a detta di Shane, lui stesso ha salvato. La giovane donna, dunque, si sente perennemente in debito nei confronti del suo salvatore ed è totalmente sotto il suo controllo.

Nel momento in cui Mai decide di aiutare Hayley e Taylor, che Shane vuole uccidere, infrange una regola sacra. Motivo per cui risulta chiaro che l’uomo le darà la caccia e distruggerà tutti coloro che entreranno in contatto con lei, costringendola a ritornare sotto il suo giogo. Questa storyline, per quanto potente, non è ancora eccessivamente approfondita nell’anime, ma per il semplice fatto che questa prima stagione è solo un’introduzione a ciò che accadrà dopo.

L’impressione generale è che sia stata messa molta carne al fuoco per poter garantire il giusto hype in attesa delle stagioni successive.

Scelta coraggiosa ma di certo non errata, dal momento che questi primi episodi di Pacific Rim: la Zona Oscura sono sviluppati in maniera estremamente intelligente. Al pubblico vengono infatti date le giuste “soddisfazioni”, mostrando adrenaliniche sequenze di combattimento senza però rinunciare a un’eccellente caratterizzazione dei personaggi. Per tutti questi motivi la serie risulta anche più interessante del film originale: perché riprende lo stesso universo narrativo ampliandolo e approfondendo aspetti che in una narrazione prettamente cinematografica non possono essere trattati in modo adeguato. Ovviamente senza colpa alcuna, dal momento che il linguaggio filmico si basa su regole fisse che tendenzialmente non possono essere infrante.

Un aspetto che in Pacific Rim: la Zona Oscura è particolarmente approfondito è quello del drift. Nel film non vengono ben chiarite le conseguenze psicofisiche che ripetute connessioni fra piloti e Jaeger potrebbero causare. Nell’anime, invece, viene sottolineato come continui collegamenti, magari fra soggetti totalmente incompatibili, possono avere conseguenze molto gravi. Anche perché nel drift i piloti portano con sé tutto il loro carico emotivo. Se una persona si collega a un’altra tramite un ponte neurale, condivide con quest’ultima tutti i ricordi e i pensieri. Quindi, se il pilota è emotivamente compromesso, l’altro deve subire delle pressioni mentali non indifferenti. Inoltre il drift è devastante anche da un punto di vista fisico, dato che bisogna sostenere il peso di essere cerebralmente collegati a una gigantesca macchina.

Nella Serie Tv tutti questi dettagli sono chiariti alla perfezione e ben si spiegano non solo i vantaggi dell’unione e della collaborazione, ma anche tutte le possibili conseguenze, nel bene e nel male.

Altro elemento che viene più approfondito nello show televisivo è quello relativo alla possibilità di guidare da soli uno Jaeger. Nel film Pacific Rim viene effettivamente contemplata questa possibilità, dal momento che lo stesso protagonista, Raleigh, dopo la morte del fratello dirige il robot verso la costa, per poi collassare. Si tratta naturalmente di una circostanza eccezionale, dal momento che serve una resistenza fisica e mentale non da poco, per riuscire in una simile impresa. Nel film, viene detto che gli unici due che siano mai riusciti a pilotare singolarmente sono appunto Raleigh e il Marshall Pentecost prima di lui.

Nella serie si parla invece della possibilità di guidare uno Jaeger da soli, servendosi di un “pilota fantasma”. Il carico emotivo di alcuni piloti può infatti essere immagazzinato all’interno del database della gigantesca macchina, consentendo quindi una specie di drift fittizio con il guidatore. Naturalmente si tratta comunque di un’impresa titanica, ma quello del pilota fantasma è un interessante escamotage da utilizzare in caso di emergenza.

Da un punto di vista narrativo, inoltre, questo elemento serve per creare una continuity con il film originale.

Taylor, infatti, si trova costretto a dover pilotare da solo uno Jaeger, aiutandosi appunto con i pensieri e i ricordi dei piloti precedenti, riversati nel database. La macchina nomina quindi coloro che sono riusciti a guidare da soli, menzionando pertanto anche Pentecost e Raleigh. Taylor, però, si affida al carico emotivo di un pilota a noi sconosciuto: un efficace espediente per indicare sì la continuity con Pacific Rim, ma dichiarando al contempo la volontà di svincolarsi dal film, ampliando il suo universo narrativo in maniera totalmente autonoma.

Certo è che Pacific Rim ha dato il via alla creazione di un affascinante mondo distopico, dove un’umanità ormai agli sgoccioli riesce a trovare una via di salvezza attraverso la fratellanza. Un concetto che ormai è quasi andato perduto.

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