Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ sono gli episodi (immaginari) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno del terzo episodio di Fringe.
Fringe (5×16) – Il futuro
Walter strinse forte la mano di Michael. Aveva il cuore pesante e lo sguardo rivolto verso il muro di luce che stava per attraversare. Non si voltò indietro, anche se avrebbe voluto farlo. Sarebbe voluto scappare via dal suo Destino, ma non poteva farlo. Non doveva farlo.
Si stava lasciando alle spalle tutto ciò che amava, ma era l’unico modo per salvarli, regalargli il futuro che meritavano. Così si immerse con decisione nel wormhole che si stagliava argenteo davanti i suoi occhi.
Fu una frazione di secondo che sembrò un’eternità. Il suo corpo fu invaso da un calore scottante, come se il suo corpo si stesse lentamente dissociando dalla sua anima, in un’ovattata sensazione di lontanza dal mondo. Poi fu il freddo, pungente, accecante.
Walter e Michael furono sbalzati fuori dal wormhole e intorno a loro c’era solo un distesa impervia di neve. Il vento soffiava furioso sui loro volti mentre le loro lacrime si cristallizzavano taglienti sul cuscino delle loro guance.
Erano soli con la loro missione e non c’era un solo secondo da perdere.
“Michael amico mio, siamo arrivati. Sembra incredibile, quante cose ci aspettano ora. Tu mi aiuterai vero? Io… Io non so se sono in grado. Aiutami tu Michael, so che puoi. So che lo sai.“
Il bambino si mise in piedi contrastando la furia del vento. Si avvicinò a Walter, che era in preda a un pianto silenzioso e liberatorio, vittima delle sue fragilità. Con morbidezza prese la sua mano e gli indicò la direzione. Ce l’avrebbero fatta, era necessario.
Quando la mano di Michael sfiorò quella di Walter, il germoglio di un tepore sconosciuto fiorì nel suo animo. Quel bambino era certamente un dono di Dio, pensò Walter. L’Universo era pronto a tornare in carreggiata per ricamare un nuovo e più roseo corso degli eventi. L’amore era pronto a vincere su tutto il resto, la scienza questa volta aveva perso.
I due si incamminarono lasciando dietro di sè le orme dei loro passi incise nella neve. A Walter sembrò di camminare per ore, ma lo sconforto non ebbe mai modo di nascere dentro di lui. Anche quel freddo avverso aveva il sentore setoso della speranza.
Erano approdati al 20 febbraio 2167, ad Oslo in Norvegia. Walter percepì immediatamente un senso di lontananza da casa, una sensazione di cui non si sarebbe mai più liberato per il resto della sua vita.
La Fringe Division era ormai un ricordo distante, eppure così presente.
Il freddo aveva reso insensibile la sua pelle, diventata di un marmoreo colore violaceo. Ma finalmente arrivarono a destinazione. Davanti a loro c’era un enorme palazzo bianco, che si mimetizzava quasi con lo scenario glaciale del cuore della Scandinavia. Di fronte a loro c’era una porta di acciaio. Si fermarono al suo cospetto. Michael rivolse a Walter uno sguardo affermativo e gli indicò tremante quella stessa porta.
Walter, non senza esitazione, bussò e attese una risposta. Il silenzio abitato solo dallo sgocciolare del vento fu infranto da un metallico armeggiare di chiavi. La porta si spalancò e i due si ritrovarono faccia a faccia con lo sguardo interrogativo e curioso di un uomo sulla cinquantina. Era lui, lo scienziato a capo del team che avrebbe dato vita agli Osservatori.
L’uomo era alto e robusto, con gli occhi blu nascosti dietro un pesante paio di occhiali neri e il volto stanca spuntava sotto una riccioluta e incolta capigliatura bionda. “Hvem er du?” chiese l’uomo con voce profonda.
“Salve, spero parli la nostra lingua. Io sono il dottor Walter Bishop, lui è Michael e siamo venuti qui da molto molto lontano per parlare di qualcosa di estremamente importante. La prego ci faccia entrare.”
Lo scienziato esitò per un momento, il suo sguardo si soffermò crucciato sul piccolo Michael e si decise a farli entrare in quello che sembrava essere al contempo il suo appartamento e il suo laboratorio personale.
Il grande open space era particolarmente disordinato. In totale contrasto con il freddo candore esterno dell’ambiente e della città scandinava. Walter cercò di non farsi distrarre dai macchinari estremamente evoluti e dalle complicatissime formule matematiche che vedeva intorno a sè. Il tepore del luogo stava piano riportando la temperatura corporea di Walter alla normalità.
Lo scienziato si affrettò a procurare una sedia e una coperta ai suoi nuovi strambi ospiti e si diresse verso la dispensa per potergli offrire una fumante tazza di cioccolata calda accompagnata da un paio di biscotti alla cannella. Cosa che Michael e Walter apprezzarono particolarmente, non si erano resi conto di quanto fossero affamati.
Appena si furono ristabiliti Walter fu finalmente in grado di parlare.
“So che tutto questo potrà sembrarle piuttosto strambo, ma la prego ascolti ciò che ho da dirle con molta attenzione. Sono a conoscenza dei suoi esperimenti, so che in questo stesso giorno lei e il suo team di scienziati troverete un modo per accrescere sensibilmente le funzioni cognitive ricablando il cervello umano a scapito di alcune emozioni come la gelosia. Vede, io le ho detto che vengo da molto lontano ma questa lontananza non attiene solo a una questione fisica. Ho attraversato un cunicolo spazio-tempo per essere qui e avere questa conversazione con lei.“
Lo scienziato norvegese si era accartocciato su una sedia girevole e continuava a fissare imperterrito Michael, che nel frattempo sorseggiava la sua cioccolata calda nel suo solito silenzio privo di espressione.
“So per certo che riuscirà nel suo intento, ma so anche che questa non è la strada corretta per raggiungere il suo obiettivo. Nel lungo periodo verrano sacrificate tutte le emozioni umane, anche le più nobili, per fare spazio all’intelligenza. Tutto ciò creerà quelli che noi abbiamo conosciuto come gli Osservatori, che hanno poi fatto incursione nel 2015 invadendo la Terra e riducendo in schiavità il genere umano, poiché il loro mondo nel 2069 sarà diventato ormai inabitabile.”
Walter fece una pausa per riprendere fiato, quanto avrebbe voluto che Peter e gli altri membri della Fringe Division fossero con lui in quel momento così delicato.
“Ebbene, vedo che Michael al mio fianco ha da subito attirato la sua attenzione. Lui è conosciuto anche come Anomalia XB-6783746, proprio perché nel suo cervello l’elevata intelligenza convive con quella che noi conosciamo come empatia, e con altri sentimenti che appartengono al genere umano. Anzi, le sue funzioni cognitive sono esponenzialmente maggiori rispetto a un qualunque Osservatore. Sono sicuro che studiandolo saremo in grado di trovare una soluzione che permetta l’incremento delle funzioni cognitive senza necessità di sacrificare le emozioni. Senza necessità di distruggere il mondo e tutto ciò che di bello risiede in esso”
Lo scienziato continuava ad ascoltare le parole di Walter in silenzio, mentre nella sua mente si rincorrevano una serie infinita di calcoli e formule matematiche.
Il dottor. Bishop aveva rovesciato su di lui tutto ciò che aveva da dire. Le mani gli tremavano come non mai. La verità è che avrebbe davvero voluto una liquirizia da addentare per placare quell’imperversante stato d’ansia che lo attanagliava.
I tre rimasero immobili per una manciata di minuti. Il silenzio si posava sugli oggetti sparpagliati nella stanza come polvere.
In quel momento Michael si alzò e, con calma, si avvicinò al dottor. Johansen che, preso dai suoi calcoli silenti, non sembrò farci caso.
Quando fu abbastanza vicino allungò la mano verso la sua guancia e chiuse gli occhi. La mente del dottor. Johansen sembrò come dilatarsi mentre tutto ciò che gli aveva raccontato Walter si trasformava in immagini dai contorni sfumati. Solo allora, quando percepì lo sgomento del suo animo, Michael decise di rivelargli la soluzione per i suoi problemi, ricollocando al loro posto tutti i numeri delle sue equazioni.
Lo scienziato rimase sbigottito e per certi versi quasi spaventato da tutto ciò che stava succedendo intorno a lui. Sentiva crescere sulle sue spalle il peso di una decisione difficile. Ma, allo stesso tempo, sapeva che tutti i tasselli del puzzle stavano trovando un loro ordine prestabilito. Sapeva perfettamente cosa fare e come farlo. Non c’era assolutamente tempo da perdere.
Oslo, Norvegia – 20 Febbraio 2170
Walter era appollaiato sul divano del suo appartamento, a pochi metri da lui c’era il piccolo Michael, che nel mentre non era invecchiato di un giorno. Il bambino era seduto su una sedia a dondolo di legno, poco distante dallo scoppiettio allegro del camino acceso, con la testa immersa nell’ennesimo libro. Adorava leggere quasi quanto adorava la cioccolata calda straripante di marshmallow che gli preparava sempre Walter.
Erano passati ormai tre anni da quando erano approdati nel futuro. Il team di scienziati con a capo il dottor. Johansen aveva messo in pratica l’equazione di Michael ed erano stati in grado di generare in vitro una nuova forma di essere umano molto simile a Michael, ma in grado di comunicare anche in forma verbale.
Con l’aiuto di Walter, e soprattutto di Michael, avevano trovato il giusto equilibrio tra funzioni cognitive e sfera emotiva. Invero, gli esseri da loro creati avevano sviluppato nuove emozioni, implementando la connessione tra anima e mondo circostante. Per tale specie umana avanzata era molto più semplice entrare in contatto con la natura e comunicare con essa.
L’empatia era diventato un nuovo canale comunicativo e aveva permesso lo sviluppo di nuove forme di energia ecosostenibili. Scienza e natura avevano finalmente fatto pace.
Walter stava rimurginando su tutto questo e si crogiolava nella sua rinnovata quiete d’animo. Peter, Olivia e tutta la Fringe Division non avevano mai smesso di mancagli.
Ma il pensiero di tutti loro immersi in una quotidianità libera riempiva il suo cuore di gioia e, ogni giorno, sapeva di aver fatto la scelta giusta. Così, chiuse gli occhi cullato da quei pensieri, e gli sembrò di sentire forte e chiara la voce di Peter che gli diceva “Ti voglio bene papà“.
Fu solo allora che si abbandonò a se stesso con un sorriso gioviale e, in pace con se stesso e con il sul Dio, si incamminò sul sentiero di una nuova elettrizzante avventura, che noi chiamiamo morte.
Proprio in quel momento, Michael chiuse il suo libro. Guardò l’uomo che aveva imparato ad amare con un nuovo bizzarro padre. Una lacrima scese sul suo volto marmoreo, mentre in giardino sbocciava un piccolo quanto robusto tulipiano bianco, a sfidare l’inverno scandinavo e la sua neve.