Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico. Oggi parliamo di Dark.
A differenza di molti altri prodotti d’intrattenimento che hanno utilizzato il viaggio nel tempo come strumento narrativo, Dark è forse il risultato più complesso, più costruito e sorprendentemente anche il più logico. Nonostante vengano utilizzati tantissimi paradossi, apparenti loop e diverse modalità di viaggio nel tempo, la serie riesce a dare a tutto una spiegazione.
A volte questa logicità mette i bastoni tra le ruote alla fluidità di Dark, ma la confusione è una diretta conseguenza dell’applicazione dei molti principi filosofici messi in atto durante le sue tre stagioni. Ciò che stupisce, però, è come dalla prima all’ultima puntata si sia mantenuto non solo uno studio approfondito per evitare i buchi di trama e assicurare i giusti colpi di scena, ma alla fine si è riusciti a chiuder il cerchio – o meglio, il loop – in un modo fisicamente logico e, potenzialmente, verosimile.
Dark utilizza ogni tipo di viaggio nel tempo
Il viaggio nel tempo è, come detto, uno strumento narrativo tipico del genere fantascientifico: utilizzato di solito in questo campo, tende a essere un pericoloso modo di spiegare o raccontare gli avvenimenti. Questo perchè entrano in ambito alcune inconsistenze più o meno gravi che possono mettere a rischio la coerenza e la logicità di tutta la storia che si va a raccontare.
Dark invece di scegliere una sola modalità di viaggio temporale e attenersi alle sue regole fa esattamente l’opposto. I creatori della serie, infatti, hanno messo in campo tutta la conoscenza e le modalità già usate in campo fantascientifico e le hanno unite col progredire delle stagioni. Nel proprio paper, il filosofo Richard Hanley esamina quali sono le più comuni storie sul viaggio nel tempo e, analizzandole tramite l’aiuto delle teorie filosofiche, dimostra quali problemi bisogna evitare per ottenere una narrazione di successo che sia anche coerente.
I principali problemi da cui tenersi in guardia sono due: il primo riguarda i presupposti fisici che regolano il nostro universo. Secondo il secondo principio della termodinamica, infatti, non si può cambiare in alcun modo il passato. L’entropia – che, senza spiegarne a fondo il significato, indica in questo caso la misura del disordine all’interno di un sistema isolato – all’interno del nostro Universo può solo aumentare. Quindi se si dovessero prendere due momenti l’uno successivo all’altro, il “disordine” del primo sarebbe sempre minore rispetto a quello riscontrato nel secondo momento.
In conseguenza a ciò sorge il secondo problema: nello spazio-tempo tutti i momenti sono unici e avvengono una sola volta. Ciò implica che i loop temporali – molto usati in Dark – non vanno interpretati come eventi che avvengono a ripetizione e questo spiega perchè non possono essere distrutti: non si può cambiare nulla all’interno del loop perchè tutto succede ed è già successo una sola volta. Per spiegare tutto questo basta prendere il paradosso che, in un modo o nell’altro, è diventato famoso e mainstream: l’assassinio di Hitler. Togliendo le implicazioni etiche, la risposta a quel paradosso è molto semplice. Se anche si riuscisse ad andare indietro nel tempo e uccidere Hitler allora la Storia continuerebbe in modo diverso rispetto a oggi e quindi il bisogno stesso di andare indietro nel tempo per ucciderlo non esisterebbe. Se ciò fosse, però, nessuno tornerebbe effettivamente indietro nel tempo e quindi Hitler non verrebbe ucciso e la Storia continuerebbe come la conosciamo noi oggi. Di seguito un’immagine esplicativa:
Nel genere fantascientifico per evitare questi due problemi esistono fondamentalmente 3 versioni di viaggio nel tempo: il viaggio attuato tramite la dilatazione nel tempo, la singola linea temporale e le molteplici linee temporali. La prima riguarda un viaggio come nel film il Pianeta delle Scimmie, dove grazie alla teoria della relatività di Einstein ci si sposta nel tempo grazie alla velocità della luce. La seconda è presente anche in Dark fino al finale della seconda stagione, mentre la terza è la spiegazione ultima di tutta la storia della serie.
Nella singola linea temporale le persone viaggiano in avanti o indietro nel tempo e compiono degli atti che, però, sono già avvenuti in quel modo anche se i personaggi nel momento in cui si muovono nel tempo ancora non lo sanno. In Dark all’inizio i personaggi viaggiano in tre date diverse a distanza di 33 anni: 2019, 1986 e 1953. Ciò che Jonas, Ulrich e gli altri viaggiatori cercano di fare è cambiare il passato: proprio questa volontà però li porta a compiere atti che permettono al passato di rimanere così com’è non cambiando nulla.
Nelle molteplici linee temporali, invece, ogni evento che cambia il passato apre la possibilità a uno futuro alternativo che è diretta conseguenza di quel singolo momento, assicurando quindi una ramificazione del tempo e dei diversi universi che permette al passato di diversi futuri di coesistere grazie alla sua irremovibilità. Questa è anche la spiegazione del “multiverso“, la teoria di meccanica quantistica che vede le potenziali sequenze di eventi già esistere da qualche parte nello spazio-tempo. Quindi il viaggio nel tempo, in questa versione, è in realtà semplicemente un saltare da una parte all’altra di queste ramificazioni già esistenti.
A questo punto si potrebbe affermare come tutto ciò non coincida con i paradossi e i loop presenti in Dark: tutta la serie, ma in particolare la terza stagione si sofferma molto sulla simultaneità degli eventi e sul continuo e infinito loop di determinati avvenimenti che sembrano però non essere mai stati creati come per esempio il libro di Tannhaus o il paradosso che vede Elisabeth essere la madre di sua madre. Molto di ciò viene introdotto tramite il celebre esperiemento conosciuto come “gatto di Schrödinger“. Nella serie viene spiegato come un modo per dimostrare che un gatto all’interno di una scatola, contro il senso comune, può essere contemporaneamente vivo o morto come conseguenza dell’essere collegato a un evento casuale. Questa interpretazione è non solo sbagliata, ma esattamente l’opposto di quanto il fisico stesse cercando di dimostrare.
Erwin Schrödinger, infatti, utilizza questo esperimento come una reductio ad absurdum (o dimostrazione per assurdo): infatti alla fine è assurdo pensare che il gatto è vivo e contemporaneamente morto, motivo per cui nelle premesse dell’esperimento c’è qualcosa di errato. E questo è il motivo per cui la meccanica quantistica non permette allo stesso evento di avvenire in più di un modo. Il gatto, al di là della nostra conoscenza, all’interno della scatola è vivo o morto, mai entrambe le cose.
C’è solo un modo, narrativamente parlando, di motivare ciò che succede in Dark: l’effetto Rashomon, ovvero il dover accettare che il punto di vista dei personaggi è puramente soggettivo e inattendibile. I vari personaggi dimenticano, confondono, credono di essere arrivati a una conclusione che non esiste. Tutto ciò che succede nella serie è frutto di questi errori “casuali” e anche se sembra una conclusione estremamente fortuita e impossibile da replicare nella vita reale, la verità è un’altra.
Dark è coerente perchè è frutto dell’ordine spontaneo
Nella serie, come già detto, sono oggettivamente presenti molteplici loop causali al di là dell’affidabilità dei suoi personaggi: questi sono casi di causalità inversa, dove gli effetti precedono la causa che li ha creati e a livello filosofico sono anche molto logici e coerenti.
Nel paper precedentemente citato di Henley il filosofo lo spiega con facilità: se ogni cosa presente in un loop può essere spiegata prendendo in causa altri eventi presenti in questo stesso, allora il tutto funziona grazie alle regole della casualità. E se possiamo proporre ogni spiegazione, anche casuale, a ogni parte del loop vuol dire che tutto il loop è spiegabile e quindi logico. Ciò comunque non facilità la digeribilità di un’idea così apparentemente insensata come l’esistenza di un libro che esiste, ma non è mai stato “creato”. Questa difficoltà però non è un’opposizione abbastanza forte alla probabilità che ciò possa esistere. Altamente improbabile, ma non impossibile.
Certo, affinchè ciò avvenga c’è bisogno di molte fortuite coincidenze: il libro è fortuitamente scritto in una lingua conosciuta, è fortuitamente capitato nelle mani del suo autore prima che lo scriva, è fortuitamente il pezzo mancante alla creazione della macchina del tempo e così via. D’altronde però queste coincidenze non avvengono e basta, ma vengono messe in atto da personaggi attivi e intelligenti che agiscono per cambiare il passato o, motivazione diametralmente opposta, per assicurarsi che nulla cambi.
Rimane comunque il problema della creazione dal nulla che, per chiunque conosce le già citate leggi della termodinamica, è un qualcosa di impossibile da risolvere. O forse no. Per spiegare tutto questo (e spiegare anche le fortuite e comparabilmente improbabili cause che hanno permesso la vita sulla Terra e la nascita dell’umanità) molte vie di uscite ci si presentano davanti: l’esistenza di un essere supremo che controlla e decide, l’esistenza di una forza come la Fortuna o il Destino e, quella più scientifica, l’esistenza dell’ordine spontaneo.
L’ordine spontaneo (anche detto auto-organizzazione) permette di spiegare molte cose nell’universo, tra cui la logicità dietro una serie come Dark e dietro questo articolo stesso. L’ordine, di per sè, non è normalmente spontaneo. Come abbiamo già spiegato l’Universo tende all’entropia, al disordine: se una casa viene abbandonata col tempo diventerà polvere e al contrario la polvere col tempo non potrà mai spontaneamente diventare una casa ed è questo il motivo per cui l’idea di un libro che esiste senza un autore non ha minimamente senso per noi (finora).
Però nella natura e nell’universo l’ordine, la simmetria, l’armonia esistono. Com’è possibile ciò senza mettere in discussione il secondo principio della termodinamica? Grazie a una piccola scappatoia. Questo principio è valido nel momento in cui si parla di un “sistema isolato” come, per esempio, tutto il nostro Universo. Ciò non vuol dire però che ogni parte di questo insieme sia isolata, tutt’altro.
L’entropia misurabile in una determinata parte dell’Universo può diminuire a patto che l’entropia di tutto l’Universo aumenti grazie a ciò. È facilmente spiegabile tramite l’idea di un casinò: al di là che il singolo vinca o perda, il banco ne guadagna sempre. Magari qualcuno vince più soldi di quanti ne aveva puntati, ma alla fine il profitto maggiore viene fatto dalla casa da gioco. Ciò vuol dire che piccoli comparti di ordine sono efficienti perchè permettono a lungo termine la creazione di molto più disordine. I sistemi ordinati creano molto più energia per un determinato lavoro, ed è il rilascio di quest’ultima che alimenta l’entropia.
Quindi l’Universo crea ordine autonomamente perchè conviene sul lungo periodo. Questo metodo è il più efficente per creare il disordine: ciò è analizzabile in tutto. Dalle strutture a pattern degli alveolari alla geometria dei cristalli. E ciò come avviene? Grazie ai sistemi complessi non lineari spiegabili facilmente come l’apparente armonia dei banchi di pesci nel mare o nel volo coordinato degli uccelli: da fuori il tutto ha senso, ma all’interno di questi insiemi i singoli si muovono per quel poco che gli è possibile nel limitato spazio che hanno. Questo spazio è, a loro volta, creato dalla presenza degli altri e dallo spazio che loro hanno e così via. Cosa c’entra tutto ciò con Dark? È la spiegazione ultima: ciò che vediamo in Dark non è lo stesso momento che avviene volta dopo volta, ma sono pattern di eventi che l’Universo continua a creare simili tra di loro tramite l’incastro apparentemente casuale delle singole cause e conseguenze.
Come tutto ciò permette di spiegarne la trama
Prendendo in considerazione tutte le singole definizioni e le molteplici spiegazioni date in questo articolo, la trama di Dark è coerenete in quanto “facilmente” spiegabile.
Nell’Universo originario, che è un sistema auto-organizzato e più o meno in equilibrio, un fisico dal nome H.G. Tannhaus perde tragicamente la propria famiglia e decide di costruire una “macchina del tempo” per poterli salvare. Questa macchina però è un fallimento (com’è giusto che sia perchè, come spiegato, non si può cambiare il passato): invece di permettergli di andare avanti o indietro nel tempo, questo strumento è una bomba spazio temporale che distrugge l’equilbrio dell’Universo originario creando, come in una reazione chimica, due Universi che dipendono tra di loro e che riescono a esistere solo tramite le interazioni dell’uno con l’altro. Molti pattern presenti nell’Universo originario – come lo stesso Tannhaus, la macchina del tempo e altri personaggi – vengono riproposti in entrambi gli Universi originati, ma con alcune variazioni.
Questi Universi poi contengono al loro interno personaggi consci di alcuni meccanismi presenti (ovvero agenti che possono viaggiare nel tempo e, nel finale della seconda stagione, anche nello spazio-tempo). Questi personaggi cercano di cambiare il sistema dall’interno senza mai riuscire nell’intento: l’unico modo per farlo è uscire da entrambi gli Universi e cambiare l’atto originario nel primo Universo. In Dark è ciò che fanno Jonas e Martha cambiando tutte le dinamiche che ne ha permesso però l’esistenza: ecco perchè alla fine i loro personaggi svaniscono e smettono di esistere perchè nell’origine loro non erano mai esistiti.
Ed ecco perchè in Dark non esistono davvero loop o cambiamenti nel tempo: tutto ciò che avviene riguarda la simbioticità dei due universi che continuano ad alimentarsi a vicenda con minime differenze ogni volta, ma seguendo fondamentalmente lo stesso pattern principale. Alla fine Jonas e Martha non eliminano i loro Universi, ma interrompono l’equilibrio che permetteva loro di continuare a riprodursi con le sempre esistenti variazioni.
Con l’interpretazione dell’auto-organizzazione si possono dunque eliminare le coincidenze fortuite e le azioni coscienti in tutta la serie: per esempio così si ha la spiegazione del libro che esiste senza essere mai stato creato. In realtà la conoscenza contenuta nel libro viene creata nell’Universo originario da Tannhaus stesso che, innescando la propria “macchina del tempo”, permette all’Universo di cambiare leggermente lo schema delle cose trasferendo questa conoscenza e l’energia che l’ha costituita in un libro per lo stesso Tannhaus.
Infine questa interpretazione permette di spiegare un’altra, importantissima verità. I due universi che abbiamo vissuto in Dark sono estremamente tragici. Gli avvenimenti che si susseguono e l’impossibilità con cui questi possono cambiare – dal suicidio del padre di Jonas a Ulrich bloccato nel passato – sono i punti di maggiore pathos della serie e il motivo per cui, oltre le spiegazioni e le teorie, molti spettatori hanno empatizzato in modo catartico con i singoli personaggi e con le loro motivazioni. Tutto ciò succede perchè è disordine, caos, male al livello puro: l’energia che permette la coesistenza dei due Universi messa in moto da Tannhaus porta l’entropia a schizzare alle stelle.
Gli autori di Dark hanno sicuramente tenuto in conto tutto ciò e ciò è palese anche dalla scelta del titolo. Questo permette però di trarre un’unica, grande lezione dalla serie: l’Universo si regola da solo e ciò che il singolo fa è una diretta conseguenza del bisogno o meno di armonia in quel determinato momento. La fantascienza si dimostra ancora una volta una grande maestra di vita perchè bisogna accettare tutto ciò e continuare a concentrarsi sul presente. Come abbiamo spiegato in questo articolo, d’altronde, nessuna macchina del tempo potrà mai davvero cambiare il passato.