Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite, sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico. Oggi è il turno di Una Pezza di Lundini e della sua fantastica e peculiare comicità.
Cos’è Una Pezza di Lundini?
Buonasera. Il previsto programma “Malattie di Nonna” con i tre episodi: “Che sarà? Sarà una fitta intercostale?”, “Il Coccolone” e “C’ho i piedi che so’ du papagne”, per problemi tecnici, non andrà in onda. Al suo posto, “Una Pezza di Lundini.”
Emanuela Fanelli
In onda in seconda serata Su Rai 2 e giunto ora alla sua seconda stagione, il programma in questione è uno show comico ideato dallo storico autore Giovanni Benincasa e condotto dal sempre più emergente Valerio Lundini. Tramite un espediente metanarrativo, la fantastica Emanuela Fanelli – che qui interpreta il ruolo della Signorina Buonasera nonché comprimaria del conduttore – avvisa il gentile pubblico che il programma che inizialmente doveva essere messo in onda, a causa di problemi tecnici, dovrà essere sostituito da una pezza al palinsesto preventivato.
Qui entra in scena Lundini, presentatore inesperto, incapace e imbarazzante per sé stesso e per gli altri.
Ospite di un programma peculiare che fa delle interviste a personalità di spicco nel campo dell’intrattenimento nazionale il suo punto forte. Al suo fianco I Vazzanikki, band dello stesso Lundini (come in ogni late show che si rispetti), l’inviato Stefano Rapone, il signor Roberto Torpedine, la signora Anna Pazienza e infine il “tenente” Carlo Silvestri.
Una Pezza che diventa uno dei programmi di punta della sua emittente (recuperata in massa in streaming su Rai Play), un prodotto fresco che piace tanto ai giovani, alla generazione del web, ai mematori, agli shitposter e anche ai serializzati. Sì, perché una Pezza di Lundini non è solo uno show comico, ma una vera e propria serie tv, con personaggi ben delineati, uno stile peculiare, running gag ed elementi di trama orizzontale che di tanto in tanto ricorrono facendo sentire lo spettatore a casa e regalandogli un intrattenimento unico e imprevedibile.
Ma che cos’ha reso la tanto famigerata Pezza tanto popolare e amata? Semplice: una sagace scrittura capace di creare un’atmosfera unica nel suo genere e una comicità originale, capace di miscelare in se stessa tipi diversi di umorismo che si amalgamano in perfetta armonia creando risultati davvero spassosi. Le grandi capacità attoriali del duo protagonista Fanelli-Lundini, le gag no-sense e surreali che li vedono coinvolti assieme agli altri personaggi chiave dello show e le famose interviste sono gli ingredienti perfetti (indimenticabili quelle a Piergiorgio Odifreddi, al Tenore di Calatrava aka Nino Frassica e ad Alessandro Borghi, così come molte altre)!
Perché Una Pezza di Lundini piace sempre di più e – da sconosciuta qual era in origine – sta sempre più ricevendo il plauso della critica e dei telespettatori: un pubblico giovane, che non si riconosce nei programmi della rete pubblica.
La comicità
Quello che vogliamo fare oggi è cercare di analizzare nel dettaglio il genere di comicità che caratterizza Una Pezza di Lundini e che sta dietro alla scrittura del programma. Uno stile che deriva da tante ispirazioni, tanti generi riletti, rivisitati e miscelati con sapiente abilità, perché non è per nulla facile saper far ridere la gente e quando ci si riesce è poiché si è saputo toccare le giuste corde, trovando la propria ricetta. E questo obiettivo è stato perfettamente centrato da Lundini e dagli altri autori.
La comicità è l’avvertimento del contrario, mentre l’umorismo ne è il suo sentimento. Lo diceva Pirandello ai tempi, e noi seguiamo ancora la sua lezione. Ridiamo quando ci rendiamo conto che c’è qualcosa di strano in quello che accade, quando notiamo stranezze, quando capita qualcosa di totalmente inaspettato o al di fuori dei comuni standard. Ridiamo fintanto che rimaniamo a guardare da fuori, finché non entriamo in empatia con l’oggetto della nostra risata, fino a che restiamo spettatori di qualcosa che non ci coinvolge in prima persona.
Grandi teorici della comicità come Bergson hanno sostenuto questa tesi, andando a formulare vere e proprie teorie secondo cui il riso è l’opposto dell’immedesimazione e dell’empatia, affermando che per poter ridere di qualcosa o di qualcuno è necessario un momentaneo abbandono della simpatia che ci lega agli altri. Ma è davvero sempre così o esistono nuovi tipi di umorismo che si allontanano da questo concetto?
Non esiste un unico modo per far ridere: tipi di comicità diversi, per ogni palato, capaci di stuzzicare in maniera differente la sensibilità dei diversi target di spettatori: dal black humor alla cringe comedy, sono tante le tipologie di comicità post moderne che svicolano dalle regole dell’umorismo che abbiamo studiato a scuola e che possiamo in parte ritrovare anche in Una Pezza di Lundini.
Il nonsense e il surreale
Tra i tanti tipi di comicità presenti in Una Pezza di Lundini, la poetica del nonsense è uno dei generi più influenti: parliamo di un umorismo che gioca col surreale, che crea scenari paradossali avvalendosi di peculiari giochi di parole, accostamenti talvolta assurdi e ribaltamenti delle aspettative. Trattasi di volontarie rotture del ragionamento logico-causale, di un genere di comicità che trae il suo fascino dalla ridicolaggine e dall’improbabilità della situazione presa in considerazione.
“Volevo fosse una cosa surreale. Sono per quel tipo di comicità seria ma strana. Quella comicità fatta anche di silenzi, che non sono tempi morti, sono tempi comici. Per questo ero titubante sul fatto che potesse essere apprezzato da qualcuno”.
Valerio Lundini in un’intervista per Open
Mel Brooks, passando per i lavori di Leslie Nielsen, i Simpson, South Park fino ai nostrani Nino Frassica e Lillo e Greg sono le principali fonti di ispirazione per quanto riguarda questo aspetto della serie. Piccole scene che intervallano gli altri contributi all’interno della Pezza, interviste con elementi surreali (come la recentissima e geniale conversazione con Bugo) che inframezzano la narrazione e ci catapultano in scenari a cui non avremmo mai potuto pensare.
Perciò assistiamo a sketch come Un treno o il muro?, “Sono andato a letto con Naomi Campbell” O La ricetta dell’Acqua e come dimenticare L’inchiesta sul furto del naso? Pezzi comici tanto stranianti e assurdi quanto divertenti. Gag che forse non ci porteranno a ridere a crepapelle, ma ci sicuramente ci faranno sorridere e ci spingeranno a voler vedere fino a che punto Lundini e i suoi possono arrivare.
La falsa intervista e la cringe comedy
Ciò che però colpisce di più dell’umorismo di Una Pezza di Lundini sono i colloqui e le rubriche interne al programma stesso. Un intervistatore imbarazzato conduce un’imbarazzante intervista ad altrettanto imbarazzati ospiti. Con il suo modo impacciato di fare, la sua scarsa professionalità, i silenzi e le pause il personaggio interpretato da Valerio Lundini sta dettando un nuovo modo di fare comicità in Italia.
Dimentichiamo per un attimo gli stand up comedian, i barzellettisti, i monologhisti. La risata oggi passa anche da un aspetto che qualcuno potrebbe definire cringe (tanto che nei paesi anglofoni esiste una e vera e propria categoria di commedia definita appunto cringe comedy). Termine abusatissimo e spesso usato a sproposito, che recentemente ha suscitato un grande scalpore per essere stato inserito nel dizionario dell’Accademia della Crusca, ma che se ben contestualizzato è in grado di spiegarci davvero cosa si cela dietro al modus operandi di Lundini.
Agg. ‘imbarazzante, detto di scene e comportamenti altrui che suscitano imbarazzo e disagio in chi le osserva’.
Sost. 1. ‘la sensazione stessa di imbarazzo’; 2. ‘il fenomeno del suscitare imbarazzo e, in particolare, le scene, le immagini, i comportamenti che causano tale sensazione’.
Forse non rideremo a crepapelle, ma il sottile umorismo che si cela dietro alla serietà del giovane inesperto e molto spesso inetto presentatore del programma sta dettando una nuova frontiera nel panorama dell’intrattenimento: un Michael Scott (il protagonista di The Office interpretato da Steve Carell) ancora più inconsapevole di quanto la propria incompetenza possa risultare atroce per i propri ospiti e intervistati. Un Between Two Ferns dove il conduttore non risulta inappropriato per la sua aggressività, quanto per il suo essere involontariamente sconveniente.
Si gioca con l’imbarazzo sociale, con l’apparente disagio di chi viene coinvolto: straniante, ma non per questo meno divertente.
Se nella vita vera ci sentiremmo completamente disturbati da situazioni simili, una volta inquadrato il contesto e l’assurdità della situazione non possiamo fare altro che rimanere piacevolmente divertiti e intelligentemente appagati dall’avvertire quel senso di sgomento e di imbarazzo degli intervistati, da quei silenzi che in realtà capiamo essere perfetti tempi comici.
L’anti-comedy o anti-humor
Altro aspetto importante su cui Una Pezza di Lundini insiste è l’anticomicità, quel tipo di umorismo indiretto che prevede che un comico offra volutamente qualcosa che in realtà non è assolutamente divertente. Seguite questo ragionamento: i telespettatori si attendono di assistere a qualcosa di divertente, l’aspettativa cresce e il pubblico si prepara a farsi una risata. Quando ciò non accade, vi è un ribaltamento rispetto a quanto preventivato e subentra un consequenziale effetto comico che porta a cogliere l’ironia della cosa e a scatenare in noi una reazione divertita.
Questo accade spesso nel programma: esempio più che palese di questo sono gli sconclusionati momenti che vedono per protagonista il Tenente Silvestri col suo ruolo da “memista“. Vedere l’anziano leggerci e spiegarci i suoi terribili e inconsistenti meme non può fare altro che suscitare in noi reazioni di divertente sconcerto.
La comicità metanarrativa
Criticare la televisione italiana facendo parte del palinsesto delle rete più italiana che esista: sembrerebbe un controsenso, una pazzia, ma quella di Una Pezza di Lundini non è satira. L’intento non è quello di svilire, quanto invece quello di riportare in maniera del tutto spontanea gli aspetti più strani, paradossali che i giovani notano in una televisione che con loro ha davvero poco a che fare.
“La tv italiana è involontariamente cringe. La bravura di Valerio è stata quella di saper decodificare il linguaggio e renderlo talmente palese nella sua penosità da renderlo fruibile al pubblico in maniera comica.”
Edoardo Ferrario
Un’ironia tagliente che non per questo intende essere sovversiva: quella di Lundini, Fanelli & Co non vuole trasformarsi in satira, ma intende solo mettere in vista quelli che sono aspetti che, alla luce della cultura web e dell’era digitale, paiono residuati bellici appartenenti alla “vecchia generazione”, con le sue ipocrisie e le sue regole datate.
Così nel pubblico troviamo la signora Anna, stereotipo dell’anziana svagata, telespettatrice che potrebbe davvero credere che le interviste stralunate di Lundini siano realistiche. Così assistiamo a sketch dove si ironizza sui brand che non possono essere assolutamente citati in Rai, sugli strascichi di un “politicamente corretto” tipico di un’italianità ormai vecchia e inattuale, dove non si possono dire parolacce o citare temi come l’omosessualità. Gli antiquati aspetti di una televisione ormai obsoleta (e che qualcuno potrebbe definire boomer) sono visti quasi con tenerezza dagli autori dello show, che decidono quindi di prenderli bonariamente in giro sulla scia di una cultura internettiana che solitamente si tiene ben lontana dai lidi della tv pubblica.
Una vera e propria serie tv
Non un semplice show comico ma vera e propria serie tv: perché pur interpretando versioni di se stessi Lundini e Fanelli recitano, e lo fanno alla grande. Lei idealista sognatrice che crede fin troppo nelle proprie capacità, lui impreparato e spesso sconveniente: personaggi comici ben scritti, sempre coerenti con la propria caratterizzazione, così come la fauna di improbabili individui che completano il cast di Una Pezza di Lundini, dagli strambi vegliardi che fanno da pubblico alla trasmissione, fino ad Alessandro Gori con le sue sconclusionate e assurde schede di presentazione.
Plot che vengono portati avanti come i litigi tra Valerio ed Emanuela, che vogliono stare al centro assoluto della narrazione, le fiction e i film della Fanelli (indimenticabili A piedi Scarzi e Simonetta, La Truccatrice della Magnani). Una serie che parla di se stessa, dei suoi meccanismi, delle recensioni della critica, che filma fuori onda, dietro le quinte, che in caso di problemi chiama pubblicità o tagli. Uno show che a suo modo è già un cult e che siamo sicuri continuerà ancora a sorprenderci.
“Grazie per aver scelto questo programma, probabilmente per le numerose recensioni. Ricordiamo: Stefano Balassone, Beatrice Dondi, Aldo Grasso hanno scritto frasi, molto, molto generose su questo programma. Però stare qui ad autoincensarsi forse è poco nobile quindi….”.
Valerio Lundini