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Forse non è la fine – La prima puntata dopo l’ultima puntata di Roswell

Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di Roswell.

È passato molto tempo dall’ultima volta che ho preso in mano una penna e mi sono seduta a scrivere. Sono ormai sei mesi che Max, Michael, Isabelle, Maria, Kyle e io abbiamo lasciato Roswell, il giorno del diploma. Era il torrido giugno del New Mexico, l’aria era immobile eppure così carica di aspettative, di sogni di un futuro che presto avremmo capito non potere essere il nostro. Siamo scampati a morte certa, l’avevo visto succedere nelle mie visioni, avevo davanti agli occhi i corpi senza vita di Max e me, di Isabelle e Michael, colpiti da qualcuno che aveva paura di noi, della natura aliena che era dei miei amici e che ora è anche mia, da quei poteri sconosciuti che ci rendevano diversi e forse pericolosi. Così siamo scappati, all’improvviso, quando pensavamo di avere ancora tempo, senza poter dire addio al luogo che chiamavamo casa, alle persone che erano la nostra famiglia. Eppure, nonostante la fuga, nonostante non ci sia modo di sapere se chi ci vuole morti si arrenderà mai, nonostante la rinuncia a tutto quanto conoscevamo come il nostro mondo, io, Liz Parker, sono stata molto felice in questi sei mesi. Max e io ci siamo sposati e non siamo mai stati così innamorati, così certi che niente potrà mai separarci. Insieme agli altri abbiamo imparato a vivere in un modo che prima ci era sconosciuto, ma che ora ci appare così familiare da non potere immaginare niente di diverso. Non possiamo stare molto tempo nello stesso posto, sarebbe un rischio troppo grande, così ci spostiamo spesso, apriamo la cartina e decidiamo dove andare, cerchiamo di guadagnarci da vivere accettando lavori temporanei e con un po’ di fortuna finora siamo sopravvissuti, con grande sorpresa siamo felici. Ultimamente però qualcosa sembra essere diverso, avverto tra di noi una tensione inespressa, sento che qualcosa di grande sta per succedere e ho paura. Tutti noi abbiamo paura, siamo consapevoli di non essere al sicuro, che finché vivremo ci sarà sempre qualcuno che, spaventato dai nostri poteri, cercherà di farci del male. Ora è dicembre, ci troviamo a New York, cerchiamo di nasconderci tra la folla che ogni giorno calca le strade gremite di persone e luminarie, mi sorprendo a guardare le famiglie che scelgono i regali, i genitori che abbracciano i figli, le decorazioni appena visibili dalle finestre delle case e avverto come una mancanza, per la prima volta in sei mesi mi accorgo che mi manca avere una casa, che vorrei poter mettere radici in un posto sicuro con le persone che più amo. Non so quanto tempo ci resta prima che ci trovino, ma so che vorrei poterlo trascorrere senza più fuggire, senza privarmi di una casa. Forse è arrivato il momento di smettere di scappare e avevo bisogno di raccontarlo a qualcuno perché mi convincessi che è la verità. Penso che New York potrebbe essere un bel posto per ricominciare a respirare. Ma forse non è il luogo giusto da chiamare casa.

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Liz Parker e Max Evans camminano tenendosi per mano, stupiti dalla folla informe che li circonda, cercando di non sentirsi fuori posto in una città che sembra appartenere a un altro universo rispetto a Roswell (qui vi abbiamo raccontato 10 motivi per cui ci manca), dove gli spazi erano così vuoti e sterminati che a volte si poteva pensare che non conoscessero alcuna presenza umana o aliena che fosse. Da quando avevano lasciato casa, Liz, Max, Michael, Isabelle, Maria e Kyle avevano viaggiato senza sosta di città di città, rifugiandosi in centri urbani sempre più popolati nella speranza che la folla li inghiottisse e li proteggesse, che così nessuno potesse scovarli. Avevano cercato di usare i loro poteri il meno possibile, sicuri che avrebbero potuto farli scoprire, fino quasi a dimenticarsi di averli. Vivevano in un eterno presente che sembrava renderli felici, Max e Liz appena sposati, Kyle in attesa di scoprire quando le sue capacità aliene si sarebbero manifestate, Michael e Maria finalmente sicuri del loro reciproco amore. Solo Isabelle (interpretata da Katherine Heigl, di cui vi abbiamo parlato qui) sembrava soffrire di una nostalgia che non accennava a diminuire, le mancavano i genitori a cui aveva da così poco rivelato la sua vera natura, le mancava Jesse, il marito che aveva abbandonato per proteggerlo e che tuttavia non riesce a lasciare andare. Ora che è a New York, Isabelle fatica a non pensare a Jesse, che si trova a Boston e non le è mai sembrato così vicino, quasi potesse avvertirne la presenza. Non lo vede da sei mesi, ha resistito, è stata forte nella sua solitudine, ma ora non riesce più a sopportarla. Così, senza nemmeno pensarci, in uno di quei rarissimi momenti in cui si lascia sopraffare dalle emozioni, Isabelle prende il treno che la separa da New York a Boston e, senza dirlo a nessuno, va a cercare suo marito, incerta di cosa farà quando lo vedrà, se lo vedrà.

Non aspettavano altro, gli inseguitori, la squadra che il governo americano ha ripudiato ma che non per questo ha smesso di cercare i sei di Roswell. Da mesi attendevano che qualcuno di loro commettesse un passo falso, che uscisse fuori dalla bolla di invisibilità in cui si erano rifugiati. Nessuno avrebbe scommesso su Isabelle, la più controllata e intelligente del gruppo, eppure è proprio lei la prima a cedere, a cercare un qualche contatto con la sua vita precedente. Mentre la bionda aliena è appostata sotto quello che sa essere lo studio di Jesse, indecisa se oltrepassare o meno la porta, tremante nel gelo autunnale, loro la vedono. Non ci speravano quasi più, ma sono pronti, sanno cosa fare: uccidere Isabelle sul posto spingerebbe gli altri a nascondersi ancora più ostinatamente, mentre loro vogliono farli uscire allo scoperto, mettere fine una volta per tutte a questo gioco tra gatti e topi, umani e alieni. Il piano è semplice, rapire Isabelle e usarla come esca. Nemmeno loro ci credono quando, cogliendo l’aliena alla sprovvista, riescono a farle perdere i sensi e a portarlo con sé, lontana dai suoi amici, in un posto da cui fuggire sarebbe stato quasi impossibile.

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Sono passate diverse ore dall’ultima volta che qualcuno degli altri cinque fuggitivi di Roswell ha avuto notizie di Isabelle e Max comincia a preoccuparsi, teme che qualcosa sia accaduto a sua sorella. Non è solo Max a sentire crescere la tensione, negli ultimi sei mesi non era mai successo che qualcuno di loro si allontanasse per così tanto tempo, per di più senza lasciare nessun messaggio. Iniziano a cercare di contattare Isabelle, a chiedere in giro se qualcuno l’avesse vista, persino a frugare tra le sue cose. Nascosto tra le pagine di un’agenda mezza vuota, Maria nota un foglietto consumato, come se fosse stato preso in mano troppe volte, sgualcito da una stretta ansiosa. Sul biglietto c’è un indirizzo, uno studio di avvocati di Boston. Capiscono subito da chi stava andando Isabelle, ma questo non li rassicura, perché se tutto fosse andato bene lei sarebbe già stata di ritorno. Qualcosa era andato storto e la loro amica, la loro famiglia, era nei guai. Se avevano trovato Isabelle, allora era in serio pericolo o forse addirittura già morta. Non potevano più restare lì, a New York, a fingere di vivere una vita normale. Dovevano trovare Isabelle e scappare, subito, in un posto molto più lontano da Roswell. Ma dove?

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Liz sapeva dove andare. Aveva iniziato a pensarci da qualche giorno, prima che uno di loro venisse rapito, prima che tutto andasse in pezzi. Era da un paio di settimane che sentiva qualcosa di diverso in sé e non ci aveva messo molto a capire di cosa si trattasse. Certo, la prospettiva di avere un bambino alieno all’inizio l’aveva spaventata, nemmeno era sicura potesse succedere, ma poi la felicità aveva preso il sopravvento. Aveva deciso che lo avrebbe detto a Max la sera stessa, ma poi qualcosa era cambiato. Liz si era resa conto di quanto rischiasse loro figlio a rimanere sulla Terra, a crescere fuggendo costantemente, senza poter mai trovare qualcuno che potesse comprenderlo, che fosse come lui. E così, prima ancora di parlarne con Max, Liz aveva iniziato a pensare, pur sapendo che vi era solo un luogo dove sarebbero potuti essere al sicuro. Quello che la ragazza non avrebbe mai immaginato era di dover condividere il suo piano con tutti così presto, né di dover prima trovare il modo di salvare Isabelle prima.

Liz e Max sono seduti sulle scale antincendio dell’appartamento in cui hanno passato le ultime settimane, ma il ragazzo con la testa è altrove, è sommerso dal senso di colpa per non essere riuscito a proteggere sua sorella, si tormenta alla ricerca di una soluzione che non riesce a trovare. Liz vorrebbe solo prenderlo tra le braccia e consolarlo, ma sa che non può permetterselo, che devono agire velocemente se vogliono salvare se stessi e Isabelle. Così, spaventata ma fiera, prende la mano di suo marito, del padre del bambino che porta in grembo, e tremante annuncia : “Salveremo Isabelle. La riprenderemo con noi e poi ce ne andremo, lasceremo questo posto. Andremo a casa Max, tu e io, la nostra famiglia, i nostri amici. Il nostro bambino. Salveremo Isabelle e andremo in alto. Molto in alto. Andremo a casa.”

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