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Il Muro del Rimpianto – Come Dawson Leery ha perso la sua Joey e il suo amico Pacey

dawsons creek

Da un certo momento storico in poi, ogni generazione ha avuto il suo teen drama. Anche laddove ne abbiamo visti diversi, solo uno di questi è generazionale in senso stretto. Chi scrive fa parte della generazione Dawson’s Creek.

Se state leggendo questo articolo i casi sono tre: o siete fan della serie o siete incuriositi dalla prima parte del titolo o entrambe le cose.

Iniziamo a fare un po’ di chiarezza prima di tornare nella cameretta adoloscenziale in cui non abbiamo mai smesso di recarci quando vogliamo sentirci a casa: quella di Dawson.

Ogni narrazione è un percorso, una strada che ci accompagna attraverso luoghi nuovi e inesplorati. Fruirne è come viaggiare: all’immobilità fisica contrapponiamo un moto immaginativo. Non c’è in fondo molta differenza tra chi viaggia e chi si mette di fronte a una storia: ci sarà chi ha più l’attitudine del viandante, chi del pellegrino, chi dell’esploratore, ma poco cambia. Ogni volta che ci troviamo dentro a una narrazione nuova, dunque, che sia letteraria, filmica o seriale, ci stiamo incamminando lungo un sentiero sconosciuto e non sappiamo cosa ci attenda. Seguendo il paragone, l’elemento che più si lega al nostro ruolo di spettatori è il bivio. O meglio, la potenzialità del bivio. In questo concetto risiede il nostro più grande potere di fruitori: noi siamo sì, in parte, passivi nell’esperire quella storia, ma siamo attivi nell‘immaginarne possibili deviazioni. Con le serie questo poi capita spesso: finisce un episodio sul più bello e noi ci chiediamo, almeno fino alla visione di quello successivo, quale possibile strada prenderà la storia, a quale opzione cederà la narrazione. Quando poi scopriamo cosa accade, ecco che una delle strade che ci si erano prospettate nella mente viene come sbarrata da un muro. Talvolta non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma altre non riusciamo a togliercelo dalla testa: eccolo lì a privarci del diritto di intraprendere quella strada, di scoprire quel mondo, di dare quel senso alla storia. É in momenti come questo che si fa largo in noi il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e non sarà. Andiamo avanti – viandanti, pellegrini o esploratori – lungo la via di quel racconto, ma nella testa torna spesso un pensiero, un’immagine: il Muro del Rimpianto.

dawson creek

Qual è il Muro del Rimpianto quando parliamo di Dawson’s Creek?

Quando pensiamo al concetto del rimpianto ci addentriamo sempre in un’area privata, personale, ma con le serie tv ci siamo abituati a sviluppare sentimenti condivisi (almeno da una delle fazioni che di solito si formano). Nel caso di Dawson’s Creek – superfluo ripeterlo – i casi sono due: o sei team Pacey o sei team Dawson. La mia esperienza personale mi porta a ritenere più nutrita la prima fazione, ma abbandoniamo le armi, qui non si tratta di schierarsi, bensi di fare l’analisi dell’unica deviazione realmente possibile e significativa in questa serie.

La strada della narrazione di Dawson’s Creek è tortuosa. Quella strada parte da un molo a Capeside.

Torniamo per un momento in quella cameretta. Guardiamoli di nuovo, quei due adolescenti cresciuti insieme che scoprono, all’improvviso, di aver cambiato pelle, di essere ancora, ma al contempo non essere più, quei due bambini che dormono nello stesso letto con ingenuità e tenerezza. Siamo lì, tra Dawson e Joey. Con Dawson e Joey. Riscopriamoci ammirati e divertiti dalla spacconeria di Pacey, dalla sfacciataggine di Jen, dalla maturità di Jack. Ascoltiamoli ancora, tutti loro, parlare in modo surreale, paranoico, a tratti fastidioso di film e problemi, di sentimenti e di genitori. Commuoviamoci e arrabbiamoci di nuovo per quei baci, quegli abbracci e persino quei pugni.

Dawson

I teen drama, quindi anche Dawson’s Creek, sono dei moderni romanzi di formazione. Attraverso le riflessioni e le esperienze di Dawson, Joey, Pacey, Jack, Jen, Andie e gli altri che si avvicendano nella serie, molti degli adolescenti degli anni 2000 hanno avuto modo di riscoprirsi e provarsi anche in panni altrui, in situazioni non accadute a loro.

Tra i tanti argomenti affrontati dalla serie, la sempiterna questione del triangolo amorso è certamente il cardine, il fil rouge delle sei stagioni di Dawson’s Creek (anche se si tratta di un triangolo che, talvolta, modifica almeno un vertice).

É Joey a cambiare, inizialmente, le regole del suo rapporto con Dawson, mossa anche da un sentimento ambiguo e di qualità diversa rispetto a quanto è stato fino a quel momento. É lei a rendersi conto che l’epoca dei pigiama party è finita, che il loro rapporto non può più essere quello di prima. Noi sappiamo, ben prima che diventi palese, che il loro rapporto non può più essere quello di prima perchè per lei già non lo è più. Joey è innamorata del suo migliore amico. L’arrivo di Jen a Capeside, sicuramente più dirompente e sfacciata di Joey e molto più disinvolta con i ragazzi, è il detonatore della prima stagione. La spina nel fianco di un rapporto che inizia solo ora a conoscere il gusto aspro della gelosia. Sarebbe potuta essere proprio lei, Jen, il muro del rimpianto di Dawson’s Creek, lì, pronta a sbarrare la strada che sembra già scritta per il nostro protagonista e la sua migliore amica. Ma Jen si rivelerà un esplosivo, non un ostacolo al procedere della narrazione.

L’altro elemento fondamentale della crisi sentimentale Leery-Potter (benchè se ne susseguiranno altri, anche se temporanei) non è una new entry nella vita dei due, ma una presenza che c’è sempre stata. Si sa, con l’adolescenza si muta la propria forma, e quindi anche Pacey, il migliore amico di Dawson, comincia a essere un’altra persona, almeno per Joey. Ecco che nel binomio indissolubile (Joey-Dawson) si sono inseriti due elementi capaci di mettere in discussione quello che sembrava certo. Proprio come Jen per Joey, anche Pacey è l’alter ego di Dawson. Se il nostro protagonista è un ragazzo timido, insicuro e riflessivo, Pacey è spavaldo, spaccone, impulsivo. E forse è proprio questa la chiave del loro rapporto: la loro complementarietà. Al di là degli amori passeggeri che si alternano nella serie, la costante rimane il conteso amore di Joey, che rischia, in alcuni momenti, di incrinare la loro profonda e sincera amicizia.

Il muro del rimpianto di Dawson’s Creek, seppur giunto a pieno compimento solo nell’episodio finale, inizia a ergersi già dall’episodio 17 della terza stagione. Cindarella Story è il titolo originale, ma quello italiano – L’ora della verità – è più funzionale alla nostra analisi. Avremmo infatti allora dovuto comprendere – e non solo farci sorgere il dubbio – quale era la verità finale a cui andava incontro la narrazione. In questa puntata Pacey bacia Joey per la prima volta, mettendo il primo mattone del nostro muro del rimpianto.

Dawson’s Creek cerca di definire – nella sua narrazione – le sfumature (sembra una contraddizione, ma quando si trattano questi argomenti, cosa non lo è?) di rapporti complessi, in cui amicizia, amore, gelosia, affetto si mescolano fino a confondere, a tratti a stordire.

Il Muro del Rimpianto è sempre stato lì, da quell’episodio della terza stagione, in Dawson’s Creek, ma noi l’abbiamo definitivamente visto solo alla fine. Lo vediamo ergersi a chiudere un bivio che già c’era da un po’, nella nostra mente, ma solo in Per sempre, solo nell’ultimo episodio della serie, esso si materializza davvero, poderoso, per toglierci per sempre, appunto, la possibilità di percorrere un’altra strada, di assistere a un’altra storia. L’ora della verità si è ora estesa temporalmente all’eterno “per sempre”.

É in questa puntata che Dawson e Joey chiariscono definitivamente la natura del proprio rapporto. É sempre in questo episodio che Pacey e Joey si mostrano nel loro coronato sogno d’amore. Questi due eventi fugano ogni possibiltà alternativa.

E così il contorto torrente di Dawson sfocia in questo? Dawson’s Creek è stato spesso tacciato di essere un insieme di situazioni improbabili e dialoghi assurdi, ed è fuor di dubbio che sia così. Eppure proprio il più improbabile dei teen drama si conclude con onestà. Il rapporto tra i tre ne esce mutato, forse anche più solido, ma diverso.

Quindi ci chiediamo: Dawson, in un certo senso, ha perso la sua Joey e il suo amico Pacey? Forse sì. O forse no.

Stiamo per dire una cosa paradossale, ma è proprio finendo, che Dawson’s Creek ci regala una seconda possibilità. Il Muro del Rimpianto eretto tanto tardi, in un finale che ci permette a malapena di intuire la risoluzione narrativa ultima della serie, apre nelle nostre menti almeno un nuovo bivio – anche se per sempre in potenza -. La strada percorsa dai più fantasiosi, che sfiora il fantasy, in cui Joey molla Pacey e torna dal suo Dawson rinvigorendo il loro instancabile triangolo amoroso. E poi ce ne è un’altra ben più realistica, che conferma la visione di questo teen come romanzo di formazione: i nostri eroi sono finalmente cresciuti e i loro rapporti sono maturati in forme più sfumate e mature, evolute. Dawson ha ritrovato il rapporto con il suo migliore amico, finalmente libero dal suo continuo contendersi l’amore di Joey. Il rapporto con quest’ultima, d’altra parte, è finalmente svincolato dalle etichette di cui sembrava – erroneamente – aver bisogno, raggiungendo una dimensione adulta: quella dell’accettazione dell’ impossibilità di definirsi fino in fondo, se non per quello che non si è.

A ripensarci a tutta questa storia ci sembra di vedere un grande muro, a un bivio. Ma prima ancora c’è un molo a Capeside con tre ragazzini che parlano da paranoici e non sanno niente del futuro, proprio come noi. E poi c’è una cameretta, con due adolescenti sdraiati su un letto. E ci siamo anche noi lì, insieme a loro a immaginarci tutte le strade possibili. Tutte le storie possibili. A buttare giù i muri. A immaginarci altre strade oltre questi.

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