Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico. Oggi parliamo di Daredevil.
Una trama avvincente, uno studiato approfondimento dei personaggi e colpi di scena accattivanti sono tutti elementi imprescindibili nella buona riuscita di un prodotto action, ma anche l’occhio vuole la sua parte. È per questo che ogni show supereroistico che si rispetti cerca di mettere in scena sequenze di lotta tali da entusiasmare lo spettatore e spingerlo a tenere gli occhi incollati allo schermo. Ma il “menare le mani” non deve essere per forza visto come un esercizio fine a sé stesso e volto solamente a intrattenere casualmente il pubblico. Alcuni combattimenti risultano così eccezionali da divenire arte a tutti gli effetti.
Ed è quando la soglia che solitamente distingue le scene d’azione delle serie tv da quelle dei film sparisce che ci rendiamo conto di quanto un prodotto seriale sia stato ben progettato e gestito alla grande.
Questo è ciò che accade in Daredevil, la serie Netflix sull’eroe Marvel.
Uno studio approfondito dei diversi stili di combattimento, un eccelso lavoro da parte dei coreografi delle scene di lotta e un’ottima resa del comparto tecnico dello show hanno infatti contribuito a rendere Daredevil una delle serie tv con le migliori sequenze action di tutti i tempi. Oggi vi spieghiamo quali sono i segreti dietro a questo grande successo.
Un combattente cieco
Matt Murdock (Charlie Cox) è un supereroe cieco dai sensi ipersviluppati. È infatti grazie a questi ultimi, a un impareggiabile addestramento nelle arti marziali e un’incrollabile forza di volontà che l’uomo è divenuto il temutissimo Daredevil. Cacciare i criminali e punirli, non ucciderli: questo è il credo di Matt nella sua crociata contro i malfattori di Hell’s Kitchen. Nel corso delle tre stagioni che compongono la serie Netflix, tante sono le memorabili scene di lotta: sequenze mai scontate o ripetitive, anzi, sempre con spunti nuovi, realistiche e brutali.
Coreografie ben studiate per adattarsi ai diversi personaggi della narrazione e alle differenti ambientazioni, realistiche, fluide e spettacolari.
Uno degli aspetti più interessanti della serie è dato dalla peculiare condizione del protagonista, un uomo cieco che compensa il proprio malus fisico avvalendosi dei suoi altri sensi sovraumani – elemento che nei combattimenti risulta davvero centrale. A differenza della maggior parte dei supereroi, Daredevil è definito da ciò che gli manca. Così a guidarlo non sono i suoi occhi, ma le sue sensazioni. Spostamenti d’aria, movimenti e scricchiolii resi magistralmente grazie a una regia dinamica che rallenta e accelera e che si avvicina ai personaggi restituendoci le loro emozioni. Ci sono tanta determinazione e tanto coraggio in Daredevil, ma non solo questo.
A Matt Murdock piace combattere e c’è un qualcosa di estremamente selvaggio nel suo modo di affrontare i nemici. Nonostante i buoni ideali e la sua volontà di non oltrepassare il limite – come sottolineato dagli stessi autori della serie – quando l’eroe lotta, possiamo scorgere una ferale brutalità. Aggiungiamoci poi una piccola e controllata dose di sana follia che spinge l’uomo ad andare avanti, a continuare a combattere nonostante tutti i colpi subiti. Questo è un altro dei grandi pregi della serie: il Diavolo di Hell’s Kitchen è un eroe sanguinate. Capace di trionfare non solo grazie alle sue incredibili doti, ma soprattutto alla sua capacità di resistere, di incassare i colpi e soprattutto di continuare ad andare avanti nonostante tutto.
Un aspetto che fa risultare maggiormente credibili anche gli scontri più fantasiosi e che rende umano un eroe, che continua a portare sul corpo le ferite, le tumefazioni e i lividi che si procura di volta in volta.
Le coreografie degli stunt
Ma chi è la mente dietro alle complicate e mozzafiato coreografie di lotta di Daredevil? Stiamo parlando di Philip J. Silvera, che per lo show ha svolto il ruolo di coordinatore degli stunt, coordinatore dei combattimenti e di regista della seconda unità. Già noto per i suoi lavori in film come Captain America: The Winter Soldier, Silvera con la serie Netflix sul supereroe scarlatto ha toccato uno tra i punti più elevati della sua carriera. Il suo lavoro, in sinergia con i registi dello show, ha infatti partorito alcune tra le migliori scene action nella storia della televisione.
Sequenze che sono frutto di approfonditi studi e di giorni e giorni di prove in cui vengono testate, frame per frame, tutte le mosse e le inquadrature dello scontro come se si stesse realmente girando la scena in questione. Tutto questo per creare dei precisi template che potessero aiutare gli stunt e gli attori ad apprendere in poco tempo tutti i movimenti richiesti.
Ma nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’egregio lavoro svolto da Charlie Cox e dalla sua controfigura, che lavorando insieme hanno dato fisicità alle idee dei coreografi, conferendo il giusto risalto al protagonista.
Tra i tanti talentuosi stunt della serie a spiccare è infatti sicuramente Chris Brewster: la controfigura del protagonista nelle scene più pericolose. Già noto nel settore per aver partecipato a film e serie tv di spicco come Guardiani della Galassia, Thor e Agents of S.H.I.E.L.D., l’uomo in Daredevil ha compiuto un lavoro davvero egregio.
“Charlie mi ha chiamato fin dal primo giorno e mi ha spiegato come vedeva il personaggio e come pensava che Matt Murdock e Daredevil si sarebbero mossi. Così sono stato in grado di mettere questa lettura in ogni pugno e ogni calcio che Daredevil sferrava, proprio perché ho visto come lui visualizzava il personaggio. È stata un’esperienza davvero straordinaria e gratificante, perché prima di allora non avevo mai dedicato così tanto tempo all’aspetto recitativo del personaggio come ovviamente farebbe un attore.”
Chris Brewster
Se già con la prima stagione aveva dovuto faticare molto per eseguire le complicate coreografie dello show, è dalla seconda stagione che il tutto si è complicato. Lo stuntman prima dell’inizio delle riprese della season 2 – a causa dell’l’avvento del vero e proprio costume del supereroe – ha dovuto compiere un duro addestramento. L’uomo si è infatti allenato portando una maglia da 15 kg e pantaloni da 5 così che i suoi movimenti con indosso la tuta risultassero fluidi esattamente come sempre.
Ogni personaggio ha il suo stile
In Daredevil nulla è lasciato al caso. Ogni singolo particolare è stato predisposto per apparire in un certo modo e così è anche per lo stile di combattimento dei personaggi. Per omaggiare i comics, certo, ma anche per rendere più realistici e dinamici gli scontri. Matt, Frank Castle, i vari nemici: ognuno di loro combatte in modo diverso. Pensate alla forza bruta e bestiale di Wilson Fisk, alla leggiadra agilità di Elektra e al ricercato stile di Nobu.
“Daredevil, il cui padre faceva il boxer, dà sempre omaggio al genitore, così potete vedere elementi legati alla box. Ha anche ricevuto un allenamento in stile orientale nel corso degli anni da Stick, così matura un aspetto acrobatico che deriva da lui. (…) Il Punitore, ha un addestramento tattico. Lo vedi colpire persone da lontano, ma anche quando si avvicina, vedi il lato tattico di come agisce”.
Philip J. Silvera in un’intervista a Explore Entertrainment
I magnifici piani sequenza
Prima di procedere cerchiamo di capire cosa sia un piano sequenza, ossia una tecnica che prevede di girare una scena senza senza mai staccare la telecamera e senza alcun taglio in fase di montaggio. In questo modo il tempo reale finisce per coincidere con il tempo cinematografico portando a una maggiore immersività. Si ha così un’incredibile integrazione tra i personaggi e gli ambienti in cui si ritrovano.
Quello dell’uso del piano sequenza per girare particolari e concitate scene d’azione pare ormai marchio di fabbrica in Daredevil. Tutto parte con la 1×02: spazi stretti, angusti, 12 criminali, un bambino da salvare e un eroe mascherato pronto a tutto pur di riuscire nell’impresa. Per quasi cinque minuti siamo tenuti incollati allo schermo mentre seguiamo da vicino un Matt allo stremo, ma incapace di crollare a terra.
La telecamera segue le mosse del Diavolo di Hell’s Kitchen, i suoi movimenti irregolari resi barcollanti dal dolore e dalla stanchezza. I pesanti colpi subiti, le porte chiuse che ci lasciano in momentanea attesa di vederlo riemergere. La fotografia scura sfumata verso il verde ci cattura e ci trasmette quel senso di claustrofobia, come se tra quei corridoi bui l’ossigeno scarseggiasse e quella di Matt fosse una disperata corsa contro il tempo.
La scena esprime al meglio la fragile umanità di Matt Murdock, che subisce prima di riemergere vincitore. Un vincitore logoro, ammaccato ma senza paura.
Qual è dunque il trucco? La strategia usata da Silvera e dai suoi è stata quella di alternare Cox e Brewster a seconda delle tipologie di movimenti previste nelle diverse parti del combattimento: quando uno dei due entrava in una stanza parallela al corridoio, ne fuoriusciva infatti l’altro. Un piano studiato alla perfezione per risultare il più fluido possibile.
Nella seconda stagione assistiamo a qualcosa di simile e allo stesso tempo molto diverso: tinte rosse accompagnano alti picchi di brutalità. Siamo in un palazzo dov’è radunato un gruppo di bikers dall’aria poco collaborativa. Mentre scendiamo le scale insieme a Matt, scendiamo nell’abisso, in un coacervo di violenza e in un continuo crescendo di pathos che porta allo scontro finale.
Nella terza stagione invece ci si è voluti davvero superare. Parliamo di una lunghissima ripresa one shot da 10 minuti e 43 secondi che ha lasciato tutti a bocca aperta.
Nella luce dei corridoi di una prigione un Matt che ha perso tutto usa la sua rabbia per respingere gli attacchi dei prigionieri corrotti da Fisk per avere salva la vita. La scena è dichiaratamente Ispirata a I Figli degli Uomini di Cuarón così come i piani sequenza precedenti lo erano stati a Oldboy. Il piano sequenza ha una sceneggiatura di 12 pagine, è stato girato in meno di 12 ore in una prigione abbandonata di Staten Island. Charlie Cox qui si è davvero superato arrivando a girare personalmente l’80% dello screen-time, sostituendosi a Brewster nei momenti giusti senza che nessuno se ne accorgesse.
Uno sforzo condiviso che ha creato qualcosa di davvero spettacolare.
Ma non solo piani sequenza: tutta la serie è ricca di scene di combattimento pressochè impeccabili. Pensiamo allo scontro tra Matt e Nobu, alla strage compiuta da Frank Castle in carcere, al combattimento in chiesa con Poindexter. E non scordiamoci delle lotte contro la Mano durante la seconda stagione o l’epico triello fra Daredevil, Wilson Fisk e Bullseye durante il series finale dello show. Ma potremmo continuare a elencarne molti altri.
Insomma, in Daredevil troviamo una cura maniacale per i dettagli e per la progettazione, un grande sforzo collettivo da parte di attori e stunt. Un ottimo comparto tecnico e una solida sceneggiatura confezionano un piccolo gioiello nel panorama del genere supereroistico sul piccolo schermo. Coreografie spettacolari ben amalgamate con la narrazione che non risultano mai esagerate. Sequenze mai decontestualizzate e capaci dir regalare allo spettatore una vasta gamma di emozioni: ansia, fomento, angoscia, esaltazione.
Lasciate che il Diavolo esca.