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Distopia Sliding Doors – Game of Thrones: Arya entra nella Fratellanza Senza Vessilli

Distopia: Sliding Doors è la rubrica in cui immaginiamo come sarebbe andata se i personaggi delle Serie Tv avessero compiuto scelte diverse. Oggi tocca a Game of Thrones

– Arya, Beric vuole parlarti.

Il sole stava tramontando, in lontananza, sulla Terra dei Fiumi. Il cielo perdeva l’azzurro acceso del giorno e virava verso tonalità più pallide, sfumate. Arrivava l’imbrunire e, con esso, un vento umido che accarezzava il viso e portava con sé gli odori del bosco. Arya stava lavando via lo sporco dai pantaloni logori, i capelli insudiciati dopo giornate burrascose, il mantello grigio ridotto ormai a un panno sdrucito. Ripuliva le chiazze di fango e il sangue rappreso, sfregando la stoffa tra le mani e immergendola nell’acqua gelida. Thoros di Myr dava pacche sulle spalle e bofonchiava parole di incoraggiamento con quella sua espressione sarcastica stampata sul volto. A volte, era irritante. Aveva due occhi liquidi che ti si inchiodavano addosso da chissà quale mondo sperduto, l’aria sempre stanca e una smagliatura di follia nello sguardo. Arya si chiedeva se non fosse la pazzia a guidarlo piuttosto che i sussurri del Signore della Luce.

– Cosa vuole Dondarrion?
– Che tu vada a parlargli. Senza troppe domande.

Game of Thrones

Arya infilò la sua Ago nel fodero, lasciò il mantello ad asciugare tra gli arbusti e si mise alla ricerca di Beric Dondarrion. Era passato un bel po’ dal loro primo incontro, quella volta alla Collina Cava, quando Sandor Clagane gli aveva infilato una lama nel petto e Thoros di Myr lo aveva riportato in vita un attimo dopo. Li aveva odiati, a quei tempi. Li odiava tutti. Perché avevano lasciato scappare il Mastino. Perché avevano venduto Gendry alla Sacerdotessa rossa e perché non volevano riportarla a casa. La Fratellanza Senza Vessilli le era apparsa allora come una combriccola di straccioni ipocriti e senza speranza.

Dicevano di combattere per gli esclusi, gli emarginati, i poveracci che subivano le angherie di guerre studiate a tavolino nei castelli dei lord. Ma alla prova dei fatti, quell’accozzaglia di gente sudicia e senza onore non le sembrava poi così diversa dagli altri, da quelli che si prefiggevano di combattere. Era questo che l’aveva spinta a scappare via, la prima volta. Aveva passato troppo tempo lontana dalla sua famiglia, l’unica cosa che desiderava in quel momento era poter riabbracciare le persone a cui voleva bene. Era fuggita via e si era ritrovata tra le grinfie del Mastino, il solo che alla fine l’avesse condotta esattamente dove voleva essere condotta. Peccato fosse arrivata troppo tardi.

Nel mondo di Game of Thrones si uccide a sangue freddo, i morti cadono persino sulle tavole imbandite a festa.

Le Nozze Rosse erano giunte inattese, una coltellata nella schiena. Una sensazione di gelo che non avrebbe mai più provato in vita sua. Arya si era sentita sradicata, annientata, svuotata nel profondo. Da quando aveva lasciato Grande Inverno, era andato tutto a rotoli. La sua vita si era frantumata un poco alla volta, lasciando solo rabbia e sdegno, sete incontenibile di vendetta. Aveva visto la testa di suo padre rotolare giù dal patibolo, al tempio di Baelor. Era fuggita anche allora, prendendo le sembianze di un orfanello di strada.

Aveva dovuto cambiare tante identità, Arya Stark: ragazzo, fuggiasco, coppiere. Era stata costretta a dimenticare il suo nome, era diventata nessuno. Arya Stark, la ragazzina ribelle di Grande Inverno, era una fuggitiva senza più radici, strattonata da una parte e dell’altra nel grande caos della Guerra dei Cinque Re. Jon era lontano, Sansa prigioniera della regina Cersei e di Bran e Rickon non si avevano più notizie. Tutte le persone a cui aveva voluto bene erano morte o sparite o lontane. Non le restava più niente, se non una cappa di odio nero sul cuore.

Game of Thrones

Quando era tornata a Collina Cava, da Beric Dondarrion, aveva le idee chiare. Non voglio più fuggire, mai più, aveva giurato. La Fratellanza Senza Vessilli la ripugnava, ma avrebbe sopportato quei disgraziati perché, in fondo, volevano la stessa cosa: uccidere i Lannister, uccidere i Frey. Quella banda di spostati, dopotutto, era nata dopo che suo padre li aveva mandati a combattere la Montagna. Dopo la battaglia di Mummer’s Ford e dopo l’ascesa al trono di re Joffrey, quegli uomini si erano ritrovati nella mischia senza sapere più per cosa combattere. Ned Stark, suo padre, aveva incaricato Dondarrion di riportare un po’ d’ordine nelle Terre dei Fiumi, ma dopo la sua morte era scoppiata la guerra e quelle stesse terre erano finite preda delle violenze dei Lannister.

La Fratellanza non aveva vessilli, non issava bandiere, non si riconosceva in nessun simbolo.

Col tempo, Arya aveva imparato a conoscere meglio quella gente. Erano per lo più poveracci che avevano perso ogni cosa, proprio come lei. Persone destinate alla forca o, nella migliore delle ipotesi, a una vita di stenti. Gente a cui avevano strappato via la casa, la famiglia, il bestiame, la dignità. La Fratellanza li accoglieva tra le sue fila, dava loro uno scopo cui aggrapparsi. Una formazione di anarchici, uomini liberi e indipendenti che non volevano sottostare a nessuno. Che non sia questa, dopotutto, la casa che cercavo? Arya se lo chiedeva spesso, tra un’imboscata e l’altra, quando dormivano tutti acquattati sul terriccio, sotto le stelle. Nessun padrone, mai. E neppure etichette da rispettare, formalità da espletare nel chiuso di un castello. Niente convenevoli, niente portamento da lady, nessun contegno da dover mantenere difronte a uomini assetati di potere. Nella Fratellanza Senza Vessilli, Arya sarebbe stata davvero come voleva essere: libera. Quel posto lì era fatto apposta per lei.

Game of Thrones

Beric l’aveva tenuta inizialmente dietro le linee. Thoros di Myr le insegnava a tirare con l’arco, lei si esercitava per ore con la spada. Era per lo più indisponente e indisciplinata, ma non aveva un altro posto dove andare. Aveva la furia negli occhi, Dondarrion se ne accorse subito. E una lunga lista da cui depennare nomi. Le notti all’addiaccio l’avevano resa ancora più selvaggia. Facevano spesso delle incursioni, attiravano piccoli drappelli nella trappola e li sterminavano tutti. Ogni soldato che portava addosso un vessillo era considerato nemico. Arya partecipava agli attacchi, come tutti gli altri. Nella Fratellanza non c’erano differenze di età, di genere, di condizione sociale. Pochi sapevano chi lei fosse realmente, tutti la chiamavano semplicemente Arya.

E Arya, la ragazzina indomabile di Grande Inverno, divenne nel giro di qualche mese un simbolo della Resistenza nelle terre devastate dalla guerra. Una volta si imbatté in un gruppo di soldati Lannister che stava importunando una giovane donna. Provò a combatterli armata solo della sua lama sottile. Rischiò di lasciarci la pelle, ma alla fine riuscì ad infilare Ago nella gola di ognuno di loro.
Girava per le fattorie e le taverne, vedeva la sofferenza della gente, la toccava con mano. Un giorno ascoltò la storia di un bambino che aveva visto sgozzare la madre davanti ai suoi occhi solo perché lei voleva impedire a uomini armati di portar via il loro cibo. La guerra stava martoriando quelle terre, si prendeva la vita di intere famiglie.

Restare nella Fratellanza Senza Vessilli aveva significato, per Arya, dotarsi di un appoggio logistico per poter cancellare i nomi dalla sua lista.

Ma nell’attesa, aveva combattuto al fianco di ragazzi che, come lei, non avevano più nulla. Si disse che non solo lei, ma nessun innocente avrebbe più sofferto per causa dei Lannister. Mai più. La Fratellanza derubava i lord e catturava prigionieri, esigendo poi pesanti sacchi d’oro per il loro rilascio. Nelle taverne, tra una canzone e l’altra, si raccontava della ragazzina dalla lama sottile che piombava all’improvviso alle spalle dei Lannister e piantava loro la spada nella schiena. Beric provava a preservarla, ma Arya sapeva trasformarsi in uno spettro e dare la caccia a chiunque si fosse macchiato del delitto di un innocente. Ogni volta che affondava la lama in una cappa, pensava al suo vecchio amico Mycah, il figlio del garzone. Non voleva che ci fossero altri sventurati come lui in giro. Qualcuno doveva pagare per tutti i Mycah passati a fil di spada da cavalieri imbecilli. L’esercito della Montagna lo stavano logorando con azioni fulminee e imprevedibili. Clagane voleva la testa di Dondarrion, di Thoros di Myr, della ragazzina dalla lama sottile e di chiunque fosse riconducibile a quel gruppo di scapestrati che creava scompiglio nelle Terre dei Fiumi.

La Fratellanza Senza Vessilli presentava il conto.

– Volevi vedermi, Beric?

Dondarrion era appoggiato al tronco di un albero, gli occhi chiusi rivolti al cielo e una mappa del continente Occidentale arrotolata sulle ginocchia. Arya sapeva che avrebbero litigato, succedeva sempre così. Non era un uomo cattivo, il vecchio lord della Folgore. Le diceva quello che le avrebbe detto suo padre, Arya lo sapeva. Ma lui poteva morire e tornare in vita, mentre suo padre se ne era andato per sempre. Questo non glielo avrebbe mai perdonato.

– Non mi interessa quello che hai da dire, dovevano morire tutti.
– Non è dell’attacco di oggi che voglio parlare.
– Cosa c’è, allora?

Dondarrion srotolò a terra la mappa e indicò un punto ad Arya.

game of thrones

– A Delta delle Acque, poco distante da qui, c’è un assedio in corso. I Frey sembrano sull’orlo di una crisi di nervi, se riusciamo ad agire con circospezione potremo strappare dieci dei nostri dalla forca. Voglio che tu venga con noi, partiamo domani.
– Una crisi di nervi? Chi c’è asserragliato nel castello?

Il lord della Folgore le puntò addosso uno sguardo esitante.

– Delta delle Acque è stata presa da Sir Brynden Tully… tuo zio. Ha conquistato il castello con appena 200 uomini e ora lo difende a prezzo della vita.
– Il Pesce Nero
– Proprio lui. Ma non perderemo tempo con i Tully. Andiamo, liberiamo i prigionieri, torniamo indietro. Le sorti del Pesce Nero non ci riguardano e, in ogni caso, non potremmo aiutarlo, mi dispiace.

Arya alzò gli occhi della mappa e restituì a Dondarrion un’espressione glaciale.

– Il Pesce Nero era fuori a pisci**e mentre mia madre e mio fratello venivano fatti a pezzi senza pietà. Per quanto mi riguarda, può crepare nel suo schifosissimo castello.

To be continued…

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