Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di Chilling Adventures of Sabrina.
“Cheerleader di giorno, regina dell’inferno di notte… Sono entrambe figlie di Ecate. Sono entrambe nostre figlie.”
Le parole di Zia Zelda risuonavano ancora nella mente di Ambrose. Il funerale era finito da poco, lo stregone aveva pianto Sabrina, entrambe le Sabrine. Aveva visto sua cugina crescere, le era stato accanto fin da quando era una bambina. L’aveva rimproverata tante volte perché voleva evitare che lei compisse i suoi stessi errori. Sapeva qual era il prezzo da pagare per aver infranto le leggi delle Streghe e sapeva quanto la condanna potesse essere spietata. Ma avrebbe dato qualsiasi cosa, adesso, perché lei arrivasse e combinasse un guaio dei suoi. Avrebbe dato tutto per poterla riavere.
Pensava di aver finito le lacrime. Sorrise amaramente mentre il suo volto veniva rigato da un pianto mai finito. Perché Ecate non l’aveva salvata? Perché aveva lasciato che una così promettente, coraggiosa e giovane seguace morisse in quel modo? Non era giusto. La tristezza si trasformò in rabbia pura, tanto che Ambrose distrusse buona parte degli oggetti della sua camera. Ma, improvvisamente, la rabbia svanì. Mutò in qualcos’altro.
Consapevolezza.
Sabrina era morta ma loro erano una dannata congrega di streghe. E lui era uno stramaledetto necromante. “Siamo proprio degli stupidi” disse ad alta voce. “Perché a nessuno è venuto in mente che possiamo riportarla in vita?” Stava urlando in un misto di gioia e dolore. Aveva bisogno dei suoi libri: lì c’era la chiave per far tornare Sabrina da lui.
Era rimasto sveglio tutta la notte per cercare una soluzione. Poteva chiamare il Trinket Man. Magari aveva un oggetto che faceva al caso suo, ma cosa poteva dargli in cambio? Non aveva niente dal valore così grande. Forse nell’Accademia poteva esserci… no, non avrebbe rubato alla sua stessa congrega. Va bene che era un seguace del male, ma fino a un certo punto e anche lui aveva dei principi. Quella doveva essere l’ultima spiaggia. Evocare l’anima di Sabrina? Gli serviva un corpo. Quello della Morningstar era troppo danneggiato. Quello della Spellman si stava decomponendo. Non sapeva se era fattibile. Poteva provare. Oppure la Necromanzia? Ovviamente doveva evitare che si ripetesse l’errore del fratello di Harvey. Ambrose era un maestro di quest’arte ma per trovare l’incantesimo che faceva al caso suo ci sarebbero voluti mesi. Aveva tutto quel tempo? Forse se si metteva a lavorare subito ce la faceva.
Di opzioni ne aveva tante ma qual era la migliore? Tutte sembravano perfette e tutte avevano delle controindicazioni. “Pensa, Ambrose, pensa” ripeteva tra sé e sé. Non si era accorto che stava ragionando ad alta voce e le sue zie l’avevano sentito.
“Ambrose Spellman, tu non lo farai assolutamente” disse Zelda entrando prepotentemente in camera sua, seguita dalla più mite Hilda. “Ascolta, non c’è cosa più grande che desideri in questo momento che vedere Sabrina entrare da quella porta. Ma non si gioca con la morte. Le conseguenze per noi e la congrega sarebbero altissime. Non obbligarmi a buttarti nella Fossa di Caino”
“La Fossa di Caino!” urlò Ambrose. Come aveva fatto a non pensarci! Ma, riflettendoci un secondo, capì che quella era inutilizzabile. Sabrina era morta da tanto tempo, troppo perché la Fossa funzionasse. E poi era legata alla magia nera di Lucifer. Una volta rotto il patto tra la congrega e il Signore degli Inferi, una volta apertasi al culto di Ecate, il potere della Fossa era svanito. Di certo, dopo tutto quello che era successo, Lucifer non li avrebbe aiutati. Non avrebbe nemmeno potuto.
Il Diavolo stava vagando per la Terra, ferito, solo, pieno di rabbia e di risentimento. Lilith l’aveva davvero colto di sorpresa e gli aveva inflitto la peggiore delle punizioni. Lui lo sapeva, era la sua condanna preferita verso tutti coloro che osavano ribellarsi al Signore Oscuro. Come aveva potuto un’insulsa creatura come lei fare questo a un dio come lui? Aveva abbassato la guardia solo perché pensava che Lilith fosse innocua. Solo perché era troppo accecato dal dolore per la morte di sua figlia. Chissà dov’era in questo momento? All’Inferno non ce ne era traccia. Avrebbe fatto di tutto per ritrovare la sua Stella del Mattino. L’unica erede che aveva. La vera regina degli Inferi.
Ma prima, prima doveva tornare in forze. Le ginocchia iniziavano a cedergli. Aveva perso troppo sangue, era un miracolo che si reggesse ancora in piedi. Merito della sua origine celeste. Si guardò intorno, non era a Greendale. Quanta strada aveva fatto? Non si ricordava di aver camminato così tanto. C’era un cartello, lo vedeva. Che c’era scritto? Dovette aguzzare la vista per leggerlo.
WELCOME TO RIVERDALE. THE TOWN WITH PEP!
Era arrivato a Riverdale giusto in tempo per svenire dalla stanchezza. Pensò fosse la fine, pensò di essere davvero morto quando si risvegliò. Dov’era? Gli sembrava di scorgere un… baldacchino? Beh, effettivamente, era piuttosto morbido sotto la sua schiena. Era in una camera, lo riconosceva dai mobili intorno a lui. Una donna si avvicinò. Non la conosceva. “Bentornato tra noi. Siamo la congrega di Riverdale che venera il vostro culto, Signore Oscuro”
Sul volto di Lucifer comparve un sorriso malvagio. Ecco, aveva trovato le alleate perfette per la sua vendetta. Era tutto quello a cui pensava. Vendetta contro gli assassini di sua figlia, coloro che avevano osato deturpare il suo corpo come una banale e insulsa strega. Vendetta contro colei che gli aveva strappato il trono. L’inferno sarebbe tornato sotto il suo comando, la Terra sarebbe bruciata. Era una promessa.
La fece a Lilith e lei se ne accorse in qualche modo. Lo sentì chiamare il suo nome non con desiderio, ma con rabbia e odio. Sentiva sulla pelle una strana sensazione, come se qualcosa di brutto stesse per accadere. Lasciare in vita Satana non era stata una buona idea. Insomma, aveva avuto l’opportunità per finirlo una volta per tutte, ma si era bloccata. Lui era un mostro, un uomo crudele, per lui aveva perso suo figlio. Meritava di più della morte.
“Perché, in nome di Ecate, sei stata così stupida da non toglierlo di mezzo?” disse duramente Zelda quando Lilith le raccontò tutto.
Zelda non aveva tutti i torti. Lilith voleva riottenere i suoi poteri e vendicarsi così disperatamente del Diavolo che non aveva fatto bene i conti. Adesso aveva bisogno di alleati e le Spellman erano la scelta migliore. Avrebbero voluto però entrare nelle lotte del potere infernale tra Lucifer e Lilith? Ma soprattutto, perché avrebbero dovuto ora che finalmente tutte le minacce erano scomparse? Beh, tutte eccetto il buon vecchio Diavolo. Però a quel pericolo ormai si erano abituate. Di sicuro Ambrose aveva cose ben più importanti da fare che sentire le solite, vecchie storie di politica e potere. Non gli erano mai interessate. Era palesemente scocciato. Per dire la verità, non stava ascoltando niente. La sua mente stava lavorando al progetto di resurrezione di Sabrina.
Ma era davvero giusto farlo? Lui che aveva sempre cercato di impedire a Sabrina di fare delle sciocchezze, stava forse per compiere quella più grande. Lui che era la sua guida, la sua coscienza, la sua bussola morale, per quanto potesse essere possibile, stava forse per tradirla? Non aveva minimamente considerato le conseguenze? O che Sabrina, dovunque fosse, potesse essere in pace?
Sentì Lilith nominare Sabrina e venne riportato alla realtà. “Non pensate che Lucifer voglia vendicarsi di voi? Di quello che avete fatto a Sabrina, sua figlia? Se lo conosco bene, la morte della Spellman non gli basterà. E quando si vendicherà, sarà in un modo molto… poetico”.
Ad Ambrose venne un lampo di genio. Aveva capito esattamente quello che Lilith intendeva. Del resto, ci aveva lavorato tutta la notte. Un’espressione di terrore si era dipinta sul suo volto. Corse fuori, tra le grida confuse delle sue zie. Corse verso il cimitero, sperando di aver torto. “In nome di Ecate, faccia che non abbia ragione” ripeteva nervosamente mentre si dirigeva verso la sua meta.
E le vide. Intorno alla tomba di Sabrina Spellman c’erano delle streghe. Subito impugnò la sua bacchetta per sferrare l’attacco. Le sue zie erano ancora distanti, al suo fianco c’era però Lilith. Ma le streghe erano protette. Nessun attacco – nemmeno quelli della regina degli Inferi – sembrava funzionare. Il Diavolo le proteggeva e il suo marchio apparve come una sentenza. Sentirono la sua risata, apparve la sua immagine: non quella bellissima dell’angelo, ma quella spaventosa del demone.
“Lunga vita al Signore Oscuro” dissero, prima di andarsene con il corpo di Sabrina Spellman.
Era un piano perfetto, degno della mente senza pietà di Satana. Ambrose confermò le paure che avevano tutti. Certo, non dovevano temere Sabrina Morningstar, però non ne erano sicuri al cento per cento. In più erano riusciti a battere Lucifer ogni volta, ma era sempre così pieno di risorse, così potente persino da ferito. E con le streghe di Riverdale la sua forza sarebbe aumentata. Se poi avesse riportato la figlia in vita, avrebbe sicuramente ripreso il controllo degli Inferi. C’era solo una cosa da fare: anticiparlo, riportare Sabrina Spellman nel mondo dei vivi. L’unica in grado di fermarlo.
“E c’è un modo che non avete considerato, giusto Zelda?”
Era arrivato il momento di chiamarlo. Non sapevano se i suoi poteri fossero sufficienti per far resuscitare Sabrina, ma il tempo era poco e non avevano scelta. Zelda salì in camera, prese la scatola e lo chiamò. Si mise a sedere, in attesa dell’arrivo del Barone Samedi.