Ogni narrazione è un percorso, una strada che ci accompagna attraverso luoghi nuovi e inesplorati. Fruirne è come viaggiare: all’immobilità fisica contrapponiamo un moto immaginativo. Non c’è in fondo molta differenza tra chi viaggia e chi si mette di fronte a una storia: ci sarà chi ha più l’attitudine del viandante, chi del pellegrino, chi dell’esploratore, ma poco cambia. Ogni volta che ci troviamo dentro a una narrazione nuova, dunque, che sia letteraria, filmica o seriale, ci stiamo incamminando lungo un sentiero sconosciuto e non sappiamo cosa ci attenda. Seguendo il paragone, l’elemento che più si lega al nostro ruolo di spettatori è il bivio. O meglio, la potenzialità del bivio. In questo concetto risiede il nostro più grande potere di fruitori: noi siamo sì, in parte, passivi nell’esperire quella storia, ma siamo attivi nell‘immaginarne possibili deviazioni. Con le serie questo poi capita spesso: finisce un episodio sul più bello e noi ci chiediamo, almeno fino alla visione di quello successivo, quale possibile strada prenderà la storia, a quale opzione cederà la narrazione. Quando poi scopriamo cosa accade, ecco che una delle strade che ci si erano prospettate nella mente viene come sbarrata da un muro. Talvolta non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma altre non riusciamo a togliercelo dalla testa: eccolo lì a privarci del diritto di intraprendere quella strada, di scoprire quel mondo, di dare quel senso alla storia. É in momenti come questo che si fa largo in noi il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e non sarà. Andiamo avanti – viandanti, pellegrini o esploratori – lungo la via di quel racconto, ma nella testa torna spesso un pensiero, un’immagine: il Muro del Rimpianto.
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Tante cose nella vita non conoscono ragione come la fetta di pane che cade sempre dal lato della marmellata, l’ananas sulla pizza, la mai realizzata terza stagione di Mindhunter e tra tutte queste cose anche la relazione tra Buffy e Spike una ragione non la conosce. Nati come avversari, cresciuti come alleati e, infine, divenuto amanti, la cacciatrice e il vampiro non sono mai stati una coppia convenzionale. La serie tv creata da Joss Whedon è e resterà sempre un caposaldo della serialità moderna, uno show destinato a un pubblico adolescente che è cresciuto piano piano trasformandosi in qualcosa di più: un cult.
Basato sull’omonimo film del 1992, il drama horror è andato in onda dal 1997 al 2003 per un totale di sette stagioni. Iniziato come un drama a tinte adolescenziali e sovrannaturali, Buffy the Vampire Slayer si è evoluto molto nel corso degli anni, allontanandosi, a un certo punto, dai toni più spensierati per imboccare un sentiero oscuro. A partire dalla quinta stagione, infatti, qualcosa cambia drasticamente. Un cambiamento che coincise con l’uscita di scena di Joss Whedon come showrunner e con la “morte” del personaggio di Buffy, che nel finale della quinta stagione compie l’ultimo sacrificio.
La nostra eroina torna ma decisamente cambiata, strappata a un luogo meraviglioso in cui aveva trovato finalmente la pace e la sua lotta si era conclusa.
La sesta stagione rappresenta dunque uno stacco netto, già avvertibile nel corso della quinta, ma che si concretizza solo adesso. Si trasformano le relazioni tra i personaggi, la natura dei big villain e la stessa Buffy diventa un’eroina decisamente più tormentata e difficile, privata di quella allegria che l’aveva contraddistinta nelle passate stagioni. Tra i tanti cambiamenti che incidono sulla narrazione, un ruolo non indifferente è giocato dal rapporto tra Buffy e Spike, che è sempre stato complicato ma che da questo momento in poi lo diventa ancora di più.
Eppure, nessuno potrà toglierci mai dalla testa che Spike era il vero lieto fine mai raggiunto di Buffy.
Angel e Spike rappresentano due fasi diverse della vita della cacciatrice, due tappe necessarie dell’evoluzione di questa persona che da ragazzina dalle grandi speranze si trasforma in donna inarrestabile e disincantata. Quando il percorso di Buffy ha inizio, la sua strada si incrocia necessariamente con quella di Angel. Il vampiro incarna lo stereotipo tipico del bello e maledetto, solo e annientato dai secoli che regge sulle sue spalle. Angel è il primo amore, quello di cui si parla nei grandi romanzi d’amore, uscito direttamente da un libro delle sorelle Bronte. Appare abbastanza ovvio e scontato che Buffy, ragazza dai grandi ideali romantici, ne rimanga folgorata ma a ben vedere il loro rapporto è sempre stato destinato a concludersi.
La luce della cacciatrice non è abbastanza per far svanire le ombre e l’oscurità che avvolgono Angel. La felicità è solo un effimero battito del cuore nella loro relazione.
Al rapporto sofferto ma allo stesso tempo puro tra Buffy e Angel, segue, quasi in maniera speculare, quello feroce e passionale tra la cacciatrice e Spike. L’alchimia tra i due è innegabile fin dall’inizio, seppur nasca come scontro. In Spike, la ragazza trova dapprima un rivale alla sua altezza, un vampiro che le tiene testa e che le risponde a tono ed è tutto questo che attira noi spettatori e ci fa salire su una delle ship più contorte e belle mai create da una serie tv. Paradossalmente, l’avversità con Spike innesca quella crescita interiore che porterà Buffy a maturare e trasformarsi da ragazza in donna o, secondo la teoria archetipica di Jung, da Vergine a Strega.
La “Vergine” Buffy innamorata del suo cavaliere oscuro, lascia il posto alla sé “Strega” attirata inesorabilmente verso le tenebre ma, stavolta, capace di controllarle.
Lo stesso Spike attraversa una trasformazione interiore man mano che i suoi sentimenti nei confronti della cacciatrice crescono. Se all’inizio non è in grado di comprenderli fino in fono e tenta, più e più volte, di negarli, alla fine l’attrazione ha il sopravvento portandolo a dichiararsi anche in maniera un po’ goffa. I due cadono nelle braccia l’uno dell’altra spinti, istintivamente, da una passione carnale, da una comunanza di