… E così Schmidt e Mrs. Maisel escono dalla Union Station di Los Angeles per tornare al loft dove i loro amici li aspettano preoccupati.
Schmidt non è contento di riportare la signora Maisel di nuovo nelle loro vite, ma è sollevato di essere stato lui a ripescarla. Adesso i suoi amici dovranno smettere di tenergli il broncio e lo ringrazieranno per aver recuperato quella signora con qualche luna fuori fase. Cosa diamine ci trovano in lei? Pensa Schmidt innervosito mentre cerca di stare al passo con Miriam, la quale sta camminando spedita alla ricerca di un taxi. Avverte questo incontrollabile quanto inspiegabile bisogno di dimostrare che quella donna è veramente pazza, e forse anche pericolosa, perciò inizia a porle delle domande spinose per indurla in contraddizione:
«Quindi vieni dal 1958, eh?» domanda Schmidt come se stesse chiedendo la ricetta per fare gli impacchi di argilla ai capelli.
«Lo so a cosa stai pensando. Sono abbastanza perspicace, sai, anche se ero nelle cheerleaders. Lo so che tutto questo sembra un’assurdità. Anzi, è un’assurdità, ma per qualche motivo inspiegabile mi sono risvegliata nel 2014 e vorrei solo di avere tutte le rotelle a posto» confessa Midge con tono liberatorio.
Schmidt non le crede, chiaramente, però sa cosa significa non essere presi sul serio; conosce il peso dello sguardo deluso e severo di chi non approva.
«Non ti conosco, ma non sembri poi tanto più matta degli altri. Solamente, sai, non è possibile credere che sia successo davvero quello che dici. Del resto, i miei amici ancora non credono possibile che io frequenti una modella» dice Schmidt.
«Non dirlo a me. La mia famiglia ancora non credere che io possa fare la comica di mestiere. Anzi, che io possa avere un mestiere. Ma che dico: un mestiere da uomo in un mondo di uomini» aggiunge Miriam.
«Io invece sono l’unico maschio in un ufficio dominato da donne» sogghigna lui.
«Se tutti andassero in una direzione…» dice Midge.
«…il mondo intero si ribalterebbe» prosegue Schmidt.
Ridono di cuore, complici e in sintonia per la prima volta. Neanche Schmidt è riuscito a resistere alla sua spettacolarità: è bastata solo mezzora per cadere vittima dell’allegria contagiosa di Mrs. Maisel.
«Insomma, su quale treno volevi salire?» chiede Schmidt. Il suo atteggiamento, fino a quel momento ostile, sta cambiando lentamente. Il tono delle sue parole è sempre più morbido, più comprensivo.
«Volevo andare a New York, quella di “adesso” per cercare di “riapparire” in quella “di prima”» confessa Mrs. Maisel stupita del suono delle sue stesse parole.
«Anche io vengo da lì: Long Island. Perché pensi che in questo modo “ritornerai indietro”?» chiede serio lui, mimando il gesto delle virgolette.
«Beh, ho questa curiosa quanto indimostrabile teoria che se solo trovassi il coraggio di esibirmi al Gaslight Cafe, il primo comedy club dove è iniziata la mia carriera, forse, e dico forse, riuscirei a tornare nella mia epoca. La sera che sono arrivata qui il mio spettacolo è stato un disastro. Credo di aver esagerato con i toni, il pubblico ha iniziato a fischiare e a urlarmi contro» spiega Miriam.
«Va bene allora: ANDIAMO A NEW YORK!» urla euforico Schmidt.
«F*****o, andiamo a New York! Non mi servirà il passaporto, solo della biancheria intima decente. Ah, e un vestito nuovo per l’esibizione. Da quando sono qui ho indossato degli straccetti così minuscoli. Non avrei mai immaginato che nel futuro avreste avuto l’ossessione per le cose piccole» dichiara Miriam.
«Giovinastri! Siamo tornati» dice Schmidt aprendo la porta del loft.
Non riuscendo a trovarla, Cece, Winston, Nick e Jess erano rincasati qualche ora prima, nella speranza di vederla riapparire. Quando arrivano Schmidt e Miriam, li accolgono subito sollevati, ma allo stesso tempo sono sorpresi di vederli andare piacevolmente d’accordo. Cece appare più rilassata. Il peggio è passato: il suo fiocco di neve è tornato, finalmente, più fastidioso ma più tenero che mai. Midge racconta quindi dell’idea che ha avuto per “ritornare indietro” e tutti si offrono di accompagnarla a New York. In fondo è passata una vita dall’ultimo viaggio che hanno fatto insieme. La mattina seguente, dopo una colazione pantagruelica preparata da Midge, tornano in stazione per prendere il primissimo treno per NY. In aereo sarebbero arrivati molto prima, certo, ma Miriam non ha il passaporto. L’euforia di gruppo viene subito spazzata via dalla sesta ora di viaggio e l’eccitazione si trasforma in noia subito dopo il primo scalo. Poi un altro, e un altro. E ancora un altro scalo. Nessuno si era degnato di controllare i dettagli del viaggio, così dopo quasi due giorni passati a correre sulle rotaie che attraversano il Paese come un taglio di Fruit Ninja, arrivano a New York.
Il viaggio, tutto sommato, era stato piacevole. Miriam non ha perso occasione per ironizzare su qualsiasi cosa le capitasse e per prendere in giro Nick e il suo romanzo, Z Is For Zombie. L’unica cosa bizzarra è stata la presenza di un tipo anonimo ma dall’aria sospetta che ha viaggiato tutto il tempo insieme a loro; un uomo sulla trentina, alto, con un sguardo impassibile e gelidamente vuoto. Winston si era convinto che il tipo li stesse seguendo, ma il resto della comitiva non ha badato troppo a lui. Ad ogni modo, gli avevano affibbiato un soprannome: Mr. Anonymous, visto il suo aspetto ordinario ma minaccioso.
Non c’è tempo da perdere: è quasi sera e se Midge vuole esibirsi deve prenotarsi in tempo per essere inserita nella scaletta dell’open mic del club.
La prima cosa da fare quindi è correre subito al Greenwich Village. Il Gaslight Cafe è una cantina stretta e buia che ha ospitato artisti del calibro di Jack Kerouac e Bob Dylan e Miriam è certa che Jess la adorerà. Purtroppo però appena arrivati al 116 di MacDougal St. non c’è più nessun locale ad attenderli. Tutto è cambiato e a quanto pare il comedy club è stato chiuso nel 1971.
Miriam sta per piangere. I suoi occhi luccicano e le sue pupille sono immobili, come congelate. Schmidt, allora, estrae dalla tasca la sua piccola scatolina luminosa portatile e googla un altro comedy club, uno più vicino.
«Non funzionerà! Non può funzionare, è andato tutto a p****e» urla con voce graffiante Miriam.
«Barattolo!» ribatte Winston, ma tutti lo guardano con aria seria, rimproverandolo: non è certo quello il momento di fare ironia.
«Ce n’è uno poco distante da qui, il Village Underground, e questa sera c’è proprio un open mic, andiamo? Funzionerà, ne sono sicuro» dice Schmidt.
Mrs. Maisel ha perso ogni speranza che il suo piano possa funzionare e con essa ogni pretesa di riuscire a far ridere qualcuno. Avverte di nuovo quel peso sopra le sue spalle. La frustrazione di non sentirsi padrona della sua vita; di vedere tutto scivolare via dalle sue dita, come se in mano non avesse mai avuto nulla. Arrivati al comedy club, Cece, sfoderando tutto il suo savoir fair, cerca di convincere l’host della serata a includere nella scaletta lo sketch della fantastica Mrs. Maisel. Dopo una storia strappalacrime e la promessa di una cenetta galante, riesce a far ottenere a Midge il suo agognato spazio, seppure molto tardi, alle 23:55. Un classico per i novellini alle prime armi. E pensare che alla sua epoca riempiva i teatri! Miriam non si sentiva così emozionata dal giorno che parlò a tutti quei soldati in missione. Esibirsi davanti a un pubblico nuovo, e farlo ridere, è già un’impresa difficile, ma far ridere un pubblico del futuro è di sicuro un’impresa suicida.
L’host annuncia il suo nome con una sbadata e insignificante presentazione.
Schmidt, Jess e gli altri le augurano buona fortuna. Mrs. Maisel decisa, un po’ nervosa ma con lo sguardo traboccante di speranza, senza sapere neppure lei cosa dovrebbe aspettarsi, esclama:
«Tette in fuori» socchiude gli occhi e, fiera, sale sul palco.
Il pubblico non è poi così stentato come sembrava; anzi è numeroso, attento, è misto e sorprendentemente variegato. Ci sono molte giovani donne e uomini pronti ad ascoltarla: non le resta che gettare, come sempre, in pasto al pubblico tutta se stessa, vestita di tutto punto, con un voluto effetto che ora definiscono vintage.
«Non ricevevo una presentazione così sottotono e un’accoglienza tanto fredda dal Bar Mitzvah di mio cugino di terzo grado, il povero Seth, il quale hanno perfino dimenticato di invitare. E pensare che nella mia epoca riempivo i teatri e chiudevo ogni pezzo con una sontuosa standing ovation» inizia scoppiettante Mrs. Maisel.
Qualcuno in sala ride mestamente, qualcun altro invece le fa una battuta sconcia alludendo al fatto che se vuole una “standing ovation” lui è disposto a offrirgliene una, ma solo dopo, in privato, prima deve farlo ridere.
«Ecco un vero gentleman. Ora sì che mi sento a casa: ti ringrazio, con questa tua affermazione sono tornata dritta negli anni ’50. Sto scherzando. Da quando sono arrivata qui da voi – ve l’ho già detto che vengo dal passato? – non ho fatto altro che respirare un’elettrizzante di libertà. Ragazze, qualunque cosa sia successo in questa ultima metà di secolo, vi assicuro che dovete tenervela stretta questa libertà. Ai miei tempi dovevamo fingere di essere qualcosa che non eravamo. Dovevamo far finta di essere stupide quando invece non lo eravamo affatto e dovevamo fingere di non essere affamate quando invece stavamo morendo di fame. Oggi avete il privilegio di non dover fingere più e di poter essere esattamente quello che siete. Proprio ieri ho visto una ragazza “veramente” stupida. Dico sul serio, stupida come una capra che non faceva nulla per dimostrare il contrario. La sua risatina era sciocca e diceva solo cose prive di senso, ma a nessuno importava e lei era felice. Volevo piangere dalla gioia. Dico sul serio: giù da noi – negli anni ’50 – avremmo pagato oro per poter essere libere anche di essere stupide e non doverci preoccupare di cosa gli altri avrebbero detto di noi. E vogliamo parlare dei miei nuovi amici? Guardate Jess: è adorabile, ma non c’è dubbio che è una tipa stramba. Lei canticchia per dirti qualsiasi cosa e va fiera della sua stranezza. Potete uscire struccate, sfrante e andare fiere di ogni walk of shame mattutino. Potete indossare dei sottili fazzolettini di stoffa al posto delle mutandine. Per noi quei pochi centimetri di tessuto non sarebbero stati sufficienti neanche per soffiarci il naso, ma okay, i “nostri nasi” sono notoriamente importanti. Potete imprecare e parlare di tutte quelle cose che succedono al vostro corpo senza fingere che non esistano. Insomma, gli anni 2000 sono il paradiso di ogni signora che può smettere di essere una signora. Mi piacerebbe restare qui, se non mi mancasse tremendamente ricevere le pressioni giudicanti dalla mia famiglia. Sapete, una volta che ci fai l’abitudine, è difficile vivere senza. Oggi i reggiseni ve li disegnate da sole e finalmente avete mandato al diavolo le cinture e i corsetti progettati per interrompere la circolazione al cervello…» Mrs. Maisel è spettacolare, il suo ritmo comico è strepitoso e sprizza verve da ogni poro.
Con poche battute ha incantato quel pubblico moderno che tanto temeva.
Miller, che si gode sognante lo spettacolo, viene distratto da un tipo che sta cercando di raggiungere il dietro le quinte.
«Jess, ma quell’uomo non ti sembra Mr. Anonymous, il tipo del treno?» sussurra Nick all’orecchio della sua amica.
«Sì, è lui. Cosa ci fa qui?» chiede Jess, la quale insospettita propone di andare a controllare.
I due si alzano e, ricurvi, fanno slalom tra sedie, tavolini e tra le lamentele del pubblico. Midge fa una battuta sul fatto che forse, finalmente, i due hanno deciso di “darci dentro”. Una volta dietro le quinte, Jess e Nick si ritrovano davanti l’uomo che guarda proprio in direzione di Miriam.
«Nick, cosa sta facendo? Oddio, ha una pistola!» esclama Jess concitata, cercando di ovattare la sua voce.
«Oh mio dio, Jess, ha una pistola, cosa facciamo?» chiede Nick in preda al panico.
«Non vale, l’ho chiesto prima io» dice Jess scioccata.
Senza esitazione, non appena Mr. Anonymous solleva il braccio per sparare contro la loro nuova amica, Jess si lancia in stile MacGyver su di lui. Si aggrappa forte all’uomo e lo spinge fuori dalle quinte. Parte il colpo in canna, in direzione di Midge, proprio mentre sta pronunciando la sua classica chiusura: “Il mio nome è Mrs. Maisel, grazie e buonanotte”. Tra gli applausi scroscianti e le risate fragorose del pubblico, la fantastica signora Maisel svanisce, lasciando a fluttuare sul palco solamente una luccicante scia di polvere in controluce.
Puff.
Il pubblico resta in silenzio: sono tutti in attesa, certi che ogni cosa faccia parte della performance. Gli sguardi impazienti sono diretti verso il tipo anonimo, Mr. Anonymous, che Jess ha spintonato al centro della scena. Impacciato e con la pistola ancora fumante tra le mani, l’uomo misterioso si alza da terra, guarda la luce del faro che lo acceca e rompe l’imbarazzo con una battuta altrettanto imbarazzante:
«Cosa ci fa un serial killer in un comedy club? Fa morire il pubblico dalle risate» dice l’uomo poco convinto.
Un colpetto di tosse. Uno starnuto. Poi una risata strascicata. L’attenzione ora è tutta sull’uomo vestito di grigio che il presentatore, visibilmente incerto sul da farsi, non ha nemmeno annunciato.