«Certo, oggigiorno i tempi sono proprio cambiati» aggiunge bonaria e compiaciuta Midge mentre Schmidt continua a fissarla con stupore, rabbia e un pizzico di invidia per quella pelle così levigata e scintillante (vai all’episodio precedente)
Midge Maisel è radiosa. Oggi indossa i vestiti di Jess, quelli più audaci e sgargianti. La gonna è cortissima e le lascia scoperta l’intera gamba. Se solo sua madre potesse vederla vestita così, moderna e birichina.
Non ricorda come ha fatto ad arrivare a Los Angeles. Nel 2014.
Le sembra di ricordare, però, qualche vago frammento dell’ultima sera passata nel 1958. Di aver avuto una lite accesa con qualcuno. Un uomo, forse. Oppure era proprio Susie Myerson. I ricordi sono ancora sbiaditi, nonostante siano trascorsi ormai due mesi dal suo arrivo nel “mondo moderno”. Probabilmente era andata nella città degli angeli per un tappa del suo tour. Ricorda di aver vagato a lungo tra le strade della città dopo lo spettacolo, in lacrime e senza avere idea di cosa stesse facendo della sua vita. La serata deve essere stata proprio un fracasso. Stanca e inconsolabile, si era addormentata su una panchina del Grand Hope Park. La mattina, al suo risveglio, un ragazza dagli occhioni di un blu intenso era davanti a lei che la fissava sorridente con un caffè in mano.
«Ciao! Sono Jess, non volevo svegliarla, ma sembra tanto una che ha bisogno di un’amica» esclama con tono rassicurante Jessica Day.
Midge, che fino a un momento prima se ne stava addormentata beatamente sulla panchina, si alzò di scatto, facendo rotolare le due bottiglie di spumante che aveva dietro la schiena. Le uniche parole che riuscì a dire con la lingua felpata e il trucco sciolto sul viso furono:
«Oh, Santo Cielo! Che vergogna, sarò impresentabile!» gridò rammaricata con un inconfondibile accento newyorkese mentre si reggeva la testa in fiamme.
«Stia tranquilla. Le umiliazioni mattutine sono all’ordine del giorno qui a Los Angeles. Lei viene da NY?» chiese Jess incuriosita dall’aspetto della donna avvolto da un fascino d’altri tempi. Non vedeva un cappello con la retina e dei guanti fino ai gomiti dall’ultima festa in maschera che aveva organizzato Cece. Poi chiese il permesso di sedersi accanto a lei e le porse il suo caffè.
Midge afferrò il bizzarro contenitore di carta e, grata, iniziò a sorseggiare lentamente mentre, incredula, si guardava intorno. Quante strane cose vedevano i suoi occhi ancora appiccicati dal sonno. Che abiti “moderni”! E perché tutti camminavano ricurvi fissando delle curiose scatolette scintillanti? Pensava allarmata.
«Ma dove sono finita?!» esclamò Mrs. Maisel confusa.
«Grand Hope Park non è il massimo, lo so. Carlton Way sarebbe stato un risveglio meno traumatico» disse Jess ignara di quello a cui avrebbe assistito da lì a poco.
«Ma no?! Indento dire: “quando” siamo!» aggiunse Mrs. Maisel nel panico, conscia che la frase, pronunciata a voce alta, non aveva alcun senso.
Quell’affermazione, detta da una donna sgualcita trovata a dormire su una panchina e con dei pensanti segni di una sbornia colossale, non suonava poi così tanto strana: Jess aveva sentito delle esclamazioni più assurde uscire dalla bocca di Nick.
Midge era sempre più agitata. Si alzò in piedi e iniziò a fermare i passanti chiedendo loro di mostrarle quella cosa luccicante che tenevano in mano come se fosse una reliquia da venerare. Jess le corse in soccorso, cercando di rassicurare i presenti, spiegando loro che la sua nuova amica era in preda a un probabile crollo emotivo.
«Non sto attraversando nessun crollo emotivo! In che anno siamo?» esclamò Mrs. Maisel sempre più agitata, con voce rotta e consumata, mentre afferrava il bavero del cappotto di un signore che indossava delle cuffie senza filo.
«Nel 2014» sussurrò perplessa Jess che la invitò a calmarsi e a dirle il suo nome.
«Oh Santo Cielo! Ma come è possibile. Devo tornare a casa mia. Ora!» esclamò la donna, che aggiunse: «Cara, che maleducata che sono. Mi chiamo Miriam Maisel, ma tu puoi chiamarmi Midge. E con ottime probabilità, vengo dal passato» si presentò finalmente Mrs. Maisel, mortificata e allo stesso tempo stordita.
«Ma no, quale passato: Los Angeles a volte provoca strani effetti sui turisti. Vieni da noi a darti una sistemata così potrai chiamare casa e rassicurare la tua famiglia» le disse Jess.
«No, cara. Non sono lontana geograficamente da casa mia: io vengo dal 1958!» esclamò solenne la donna mettendosi una mano sul petto, lasciando Jess esterrefatta.
Jess, raccogliendo tutta la pazienza di questo mondo, la guardò trattenendo il respiro per alcuni secondi poi, nonostante la donna sembrava pazza da legare, la invitò comunque a seguirla nel loft, contenta di aver trovato la sua buona azione quotidiana per riempire un altro giorno della sua noiosissima settimana libera. Sicuramente dopo una doccia e un’abbondante colazione tornerà in lei, pensò.
Fu così che Jessica Day e la fantastica signora Maisel si conobbero in una singolare mattinata – quasi due mesi prima del ritorno di Schmidt – sedute su una scomoda panchina di un parco pubblico di Los Angeles.
Né lei né Nick, Winston o Cece credettero nemmeno per un istante che si trattava di una viaggiatrice del tempo. Il 1958! Che donna stravagante. A strana era strana, ma era così simpatica che la accolsero nel loft senza pensarci troppo e dopo qualche giorno le diedero pure la stanza del loro amico scomparso. Del resto erano trascorse quasi due settimane da che Schmidt era andato via senza lasciare nemmeno un biglietto. Lo avevano cercato ovunque. Winston aveva usato tutte le sue risorse per sapere dove fosse finito, ma niente. Si era dileguato nel nulla. Bell’amico. Così Midge, non sapendo dove altro andare, rimase nel loft con i suoi nuovi amici. Le avevano trovato perfino un lavoro al locale di Miller. Era un disastro come cameriera, ma un’intrattenitrice nata. Lei continuava a dire di essere una comica, con un tour nazionale di successo. In effetti, nel web avevano trovato qualche informazione che confermava la sua storia, ma l’ipotesi che fosse veramente quella Miriam Maisel degli anni ’50 era semplicemente inaccettabile.
I due mesi “nel mondo moderno”, come lo chiamava lei, erano trascorsi così velocemente che quasi dimenticava di avere a casa due bambini, un ex marito, una manager, degli ex suoceri e dei genitori che probabilmente la cercavano in ogni angolo degli Stati Uniti. Ma cosa avrebbe potuto mai fare per tornare indietro nel passato? Non le restava altro che godersi il viaggio e tutte quelle meravigliose differenze che si divertiva a scovare ogni giorno. Non perdeva occasione di bombardare con le sue domande insistenti i suoi nuovi amici. Chiedeva qualsiasi cosa. Le hanno insegnato a fare la lavatrice, a guidare quelle auto futuristiche e ad accendere quel fantastico televisore colorato e sottile come carta velina.
Era un vulcano instancabile di curiosità. Non perdeva occasione di irrompere al Comedy Store, all’Hollywood Improv o al The Virgil: dei comedy club pieni di uomini e donne fantastiche con dei pezzi che la lasciavano ogni sera a bocca aperta. Non aveva ancora trovato il coraggio di presentarsi agli open mic. Cosa avrebbe potuto dire di nuovo e di irriverente? Che veniva dagli anni ’50: quello sì che avrebbe fatto ridere il pubblico.
Quindi, quando quel giorno Midge soprese Schmidt a volteggiare con i suoi vestiti indosso (cioè la valanga di capi comprati per qualche dollaro in un mercatino vintage nel quartiere multietnico di Los Angeles) capì subito che si trattava dell’amico scomparso di cui aveva tanto sentito parlare.
«Tu devi essere Schmidt, dico bene? Ragazzi, correte: è tornato!» urla di gioia Midge.
Jess e gli altri, correndo, si precipitano nella stanza di Midge, quella che fino a due mesi prima apparteneva al loro amico scomparso.
«Maledetto criminale! Ci hai fatto morire di preoccupazione» urla piangendo istericamente Winston.
«Ci credo! Vedo che non avete perso tempo e mi avete rimpiazzato con una versione di me al femminile, traditori ingrati» biascica irritato Schmidt.
«Non ti abbiamo sostituto, sciocco: eri svanito nel nulla» aggiunge Jess in lacrime.
«Ho sentito tanto parlare di te. Per lo più insulti che non vorrei mai dover ripetere. Io comunque sono solo di passaggio (anche se non so per quanto tempo ancora): vengo dagli anni ’50, quasi ’60» si presenta candidamente Miriam porgendo la mano tesa verso il nuovo amico ritrovato.
«Ed è pure pazza!» esclama Schmidt inorridito.
«Lo so che si tratta di una situazione insolita e inspiegabile. Tutt’ora non me lo spiego. E so anche che nessuno riesce a crederci, anche se loro dicono il contrario, ma da dove vengo io nessuno darebbe della pazza a una signora che conosce appena. Per questo adoro questo meraviglioso “mondo moderno”» risponde Miriam entusiasta.
Schmidt fa una lunga pausa di riflessione. Si sente offeso, ma non riesce proprio a voler male a questa piccoletta dalla verve di una Coca-Cola sbattuta. Poi trascina Jess, Winston e Miller fuori dalla stanza. Non riesce a credere che l’abbiano rimpiazzato così, da un giorno all’altro.
«Schmidt, sono passati due mesi. Neanche una chiamata. Neanche un messaggio. Cosa pensavi di trovare al tuo ritorno: dei palloncini colorati e un “ben tornato” scritto sul muro? Due mesi di affitto che avremmo anticipato noi se non fosse arrivata Midge, aggiungerei» dice serio e infastidito Nick che lascia andare tutta la preoccupazione accumulata durante il periodo di assenza di quell’imbecille del suo amico.
«Ragazzi, mi dispiace. Però mi hanno finalmente aggiustato il “coso”» confessa Schmidt divertito. Poi crea un cerchio con le braccia e sotto voce esclama: «Quella pazza deve sparire, chi si offre volontario per mandarla via?»
«Non esiste. Lei non va da nessuna parte!» esclama risoluta Jess.
Winston e Miller annuiscono, imbarazzati e consapevoli che l’ego di Schmidt non approverà mai quella presa di posizione.
«Come sarebbe a dire, e io dove dovrei andare? Sul divano? In un altro appartamento? Un momento: dove sono le mie cose? Mi avete dimenticato, rimpiazzato e ora volete tenervi la pazza. Avete capito o no che quella là crede di venire dagli anni ’50?!» urla incredulo lui.
«Non essere così duro con lei, Schmidty: è solo confusa» prosegue Jess.
«Sì, e con le mance di questo ultimo mese ha pagato anche la mia parte di affitto. E ha ritinteggiato anche la mia camera» confessa Miller.
«Quindi questo è quanto» taglia corto Schmidt «mi tradite per del vile denaro».
«E per l’arrosto. Dio che arrosto magnifico che cucina!» aggiunge Winston pensando al suo famoso arrosto di vitello con patate.
«Cosa dovremmo fare quindi? Buttarla fuori, così. Non sa dove altro andare, sta ricominciando da capo. Crediamo che stia scappando dalla mafia russa. Noi siamo gli unici amici che ha: è solo una misura temporanea» esclamano in coro cercando di trovare una spiegazione convincente che nasconda che lei è una coinquilina molto più divertente e amorevole di lui.
«Voi siete i MIEI unici amici!» urla Schmidt.
«Tu hai Cece» esclama Jess, realizzando che la sua migliore amica, probabilmente, sarà ancor più infuriata di loro quando lo vedrà apparire dopo due mesi di assenza ingiustificata.
Mentre la lite proseguiva, nel tentativo di trovare una soluzione vantaggiosa per tutti, Miriam preparava le valigie, anzi, le buste. Aveva già disturbato abbastanza. Non voleva sentirsi d’intralcio e di sicuro non voleva essere responsabile della fine di un’amicizia. Raccolse tutte le sue cose e uscì silenziosamente dal loft, senza avvertire nessuno per non creare ulteriore imbarazzo. E mentre i quattro continuavano a valutare i pro e i contro del tenere la signora Maisel al posto dell’amico ingrato, lei chiamò l’ascensore e andò via in punta di piedi, proprio come era arriva nel “nuovo mondo”.
All’improvviso Cece piomba nel loft e con il fiato spezzato domanda al gruppo:
«Ragazzi, ho appena visto Midge salire su un taxi; aveva un’aria triste ed era piena di buste ricolme di vestiti» poi, di colpo, s’interrompe e guardando il suo ragazzo ricomparso misteriosamente dal nulla, con uno sguardo fulmineo, gli urla contro:
«MALEDETTO SCHMIDT! DOVE DIAVOLO ERI FINITO?»
«Cece, dea sexy del mio cuore di marzapane, posso spiegarti tutto» si inginocchia Schmidt afflitto.
«Midge! Schmidt, guarda che cosa hai combinato? Andiamo a cercarla, ragazzi» incoraggia Jess.
«Andate pure dietro alla vostra amica sciroccata… ma dalla pelle levigata. Se avete bisogno di me, mi trovate nella MIA camera a riordinare le MIE cose e ad ascoltare un po’ di hip-hop mainstream» taglia corto Schmidt.
«Muoviti, idiota e inizia a raccontarmi tutto, sempre che io voglia crederti» dice lapidaria Cece mentre tutti quanti escono dal loft alla ricerca di quella fantastica, e decisamente singolare, signora d’altri tempi.