… Cuddy, Foreman, Cameron e Wilson entrano correndo gettandosi su Perry che continua a tirare pugni su qualunque cosa gli capiti a tiro, House compreso. Eric, annuendo compiaciuto in disparte, estrae dal portafogli cento dollari da consegnare a Chase: erano sicuri che sarebbe scattata la rissa, l’incognita era solo chi dei due l’avrebbe iniziata.
Chese ha appena terminato l’intervento e finalmente la paziente, Skyler White, è fuori pericolo. House è a terra, seduto all’angolo della stanza a vetri che dà sulla sala operatoria. Se ne sta accasciato sul pavimento mentre il suo staff lo guarda preoccupato e il dottor Cox lo fissa rabbioso. Ma la rabbia sembra essere più verso se stesso che verso quel medico misantropo e sprezzante, tanto quanto lui.
«Una cosa è certa: Chase tira i pugni meglio di te, Percival Ulysses» esclama House ironico mentre si asciuga con la manica il rivolo di sangue che gli fuoriesce dalla narice, poi guarda Cox ed esclama: «Ci facciamo un drink?»
Cox sembra incerto: ha il fiatone e i riccioli sparsi sulla fronte. Wilson e Cuddy – che fino a quel momento lo tenevano immobile stringendogli le braccia – lasciano improvvisamente la presa, basiti per l’insolita richiesta del primario di diagnostica.
«Dio, sì!» risponde Cox scuotendo le spalle, come per scrollarsi di dosso un peso non così insostenibile come sembrava fino a qualche minuto prima. Del resto non c’è niente di meglio che un pugno in faccia per chiarire ogni questione, seguito ovviamente da una sana bevuta.
House si alza da terra e zoppica, tenendosi la gamba, verso la porta seguito da Perry, il quale continua a guardarsi intorno come se nulla fosse. Nel frattempo Chase, che si era precipitato dalla sala operatoria per assistere alla rissa, spunta dalla porta chiedendo con tono solenne, quasi religioso:
«Che cosa mi sono perso?»
«Non saprei, credo che House abbia appena invitato di proposito qualcuno che non sono io a breve un drink» dice Wilson sbalordito, ma con un pizzico di gelosia.
«Puoi venire anche tu Wilson. Cuddy, invece tu non puoi venire. Sai Perry, è una che va matta per le prediche, ci parlerebbe del senso della vita e di tante cose stupide che non mi interessano» afferma House, ma l’oncologo declina l’invito: per oggi ne ha avuto abbastanza.
«Non ti sei perso nulla, ho visto risse migliori. In ogni caso, hai vinto tu, Chase. La paziente piuttosto come sta?» domanda Foreman mentre passa al collega i 100 dollari che gli deve per la scommessa.
«È stabile, per il momento. L’abbiamo trasferita nella sua stanza, dovrebbe risvegliarsi fra poco. La crisi respiratoria non aveva niente a che fare con la gravidanza: è stata punta da un’ape ed è andata in shock anafilattico. Forse è proprio per questo che si è diretta al Sacro Cuore oppure ha iniziato prima ad avvertire dei dolori addominali. In ogni caso, il feto era troppo sofferente e non avrebbe mai potuto portare avanti la gravidanza. Forse sì, intervenendo prima…» spiega Chase che in qualche modo sembra essere interessato di più alla sua vincita che alle condizioni della donna. Rivolgendosi a Allison, domanda:
«Cameron, sei riuscita a rintracciare il marito?»
Cameron racconta della chiamata che ha avuto poco prima con il Signor White; come le sia sembrato sospetto, come se stesse facendo qualcosa di illegale, e di quanto non abbia voglia di richiamarlo ancora. Spiega che è stata la telefonata più assurda della sua vita, un’esperienza minacciosa dove riusciva a sentire solo voci sfocate che parlottavano cose in spagnolo come cabron e te voy a matar. La cosa che l’ha colpita di più è stato il nome “Heisenberg” che veniva ripetuto di continuo per chiamare il marito della paziente; ovviamente questo fatto la faceva sorridere.
«Hai detto Heisenberg? New Mexico, giusto?» sussulta House, incuriosito e con due occhi che improvvisamente si accendono di una scintilla sardonica. Il dottore si arresta di colpo, proprio sulla porta ed esclama:
«Percival Ulysses, abbiamo una tappa da fare prima di ubriacarci come due collegiali del primo anno.»
«So bene che un uomo raffinato come te ama la poesia, i tè delle cinque e i circoletti del ricamo, ma non puoi proprio evitare di chiamarmi per nome?» ribatte infastidito il medico del Sacro Cuore.
«Non credo sarà mai possibile, Percival. Se c’è una cosa che ho imparato è che non bisogna mai perdere occasione per denigrare il prossimo quando ha un nome ridicolo come il tuo» aggiunge House.
Non ci sono parole per descrivere il modo in cui Cuddy, Foreman, Cameron, Chase e Wilson continuano a fissare i due dottori che conversano amabilmente. Sono esterrefatti, ma anche timorosi che quel momento idilliaco sia l’ennesimo preliminare di un altro scontro annunciato. Nessuno è preparato all’impossibile eventualità che i due possano andare d’accordo e, senza rendersene conto, ecco che si ritrovano a percorrere i corridoi del Princeton Plainsboro seguendo come sempre House, ignari di dove si stia dirigendo.
«Nel tuo ufficio è venuto un tipetto alto e smilzo a cercarti, diceva di essere quasi medico» racconta Cox al collega.
«Ancora lui! Shaun qualcosa, un tipo strambo del St. Bonaventure. Mi scoccia di continuo con un’infinità di e-mail, mi corteggia, dice che ha bisogno di un nuovo mentore» spiega pazientemente House.
«Ah, io ho chiuso con questa storia del mentore, appena torno a casa mi sbarazzo di ogni specializzando piagnucoloso. E sappi che non ti chiederò mai scusa per averti tirato un pugno in faccia» bisbiglia a denti stretti Cox.
«In realtà è stata la cosa più sensata che ti abbia visto fare da quando ti ho incontrato ben dieci ore fa» taglia corto House.
«Che amore che sei, tieni il conto delle ore passate insieme. Alla ventesima ora facciamo una serata tra ragazze e guardiamo The L Word?» dice Cox.
«Che bricconcello, quello lo guardo da solo. Potremmo guardare General Hospital» risponde House.
Dopo un insolito susseguirsi di scambi di parole improbabili, ma dal tono stranamente pacato, il gruppetto è arrivato davanti alla stanza della paziente, ancora addormentata e piena di tubicini che le escono dalle braccia. Almeno adesso può respirare autonomamente. House si avvicina al suo letto, zoppicando e strofinandosi il naso che ancora perde sangue. La scruta attentamente, cercando di cogliere qualche impercettibile segno che solo lui saprebbe cogliere. È la prima volta che la vede da vicino, ma è chiaro che quello che sta suscitando in lui interesse, con ottime probabilità, non ha nulla a che vedere con la sfera medica.
Cox si è fermato sullo stipite della porta. Non ha voglia di entrare e affrontare la paziente. Si sente ancora scosso dall’accaduto, ma inizia a riacquistare fiducia in se stesso, certo che quanto è successo è stato solo il frutto di un susseguirsi di sgradevoli coincidenze e di un crollo emotivo che J.D. non dovrà mai conoscere. House, sfoderando una solita sensibilità da elefante, dà uno strattone alla spalla della donna per risvegliarla. Skyler di colpo riprende conoscenza mostrando un’espressione sperduta e frastornata. Con voce debole e spaventata prova a mugugnare qualcosa che suona come:
«Dove mi trovo? Che cosa ci faccio qui?»
Cuddy si fa avanti. Le si avvicina con atteggiamento amorevole e comprensivo. Dovrebbe rassicurarla e spiegarle cosa le è accaduto. Dovrebbe affrontare la questione dell’aborto, ma soprattutto ha bisogno di capire cosa le sia successo davvero e perché si trova lontano da casa. La paziente potrebbe avere bisogno di un consulto psichiatrico, magari bisogna avvertire le autorità. Di sicuro sta fuggendo da qualcuno e con ottime probabilità la sua vita è in pericolo. Ma Cuddy non fa in tempo ad aprire bocca che House la interrompe pronunciando qualcosa che lascia tutti perplessi:
«BLUE SKY!»
Al suono di quelle due parole, Skyler ha un sussulto di terrore. Il suo volto, prima stanco e debilitato, di colpo si fa teso, accigliato e denso di preoccupazione. La paziente inizia a sudare freddo: è pallida come se avesse visto di nuovo la morte in faccia.
«Cosa vuole da me? Chi è lei? Cosa mi è successo» si agita in preda al panico la paziente.
«Io sono il dottor House e quello sulla porta è il dottor Percival Ulysses Cox, quello che ti ha quasi uccisa. Quindi tuo marito è il famoso Heisenberg, il creatore, oserei dire, il poeta della metanfetamina; il chimico che è riuscito a sintetizzare una sostanza tanto pura quanto pericolosa. Non sapevo di avere in cura la moglie di una superstar. Chapeau!» pronuncia House con tono ironico, ma allo stesso tempo seriamente convinto di quanto sta dicendo.
La Signora White è in preda all’ira, il suo volto ha assunto le colorazioni del porpora e ha smesso di fare domande. Con le poche energie che le rimangono, inizia a staccarsi i tubicini della flebo mentre grida come un’invasata che il dottore non sa di cosa sta parlando, ma che di sicuro se ne pentirà amaramente.
«Stai calma, hai appena subito un intervento. Io sono un medico, non sono certo un poliziotto. Sono anche un uomo di scienza e un grande estimatore dei lavori eccellenti e, me lo lasci dire, suo marito è un genio, merita tutta la mia stima professionale» continua House con tono serio.
«Fatelo stare in silenzio» urla piangendo Skyler. Sta tremando, prova ad alzarsi dal letto a fatica mentre il resto del team cerca di tenerla immobile, ma House proprio non la smette di parlare e spiegare a Cox della purezza al 99,1% della Blue Sky. Sembra che sia davvero un estimatore di questo Heisenberg.
«Non c’è dubbio che sia un chimico eccezionale, certo la sua roba danneggia le persone che poi tocca a noi curare, ma del resto non possiamo curare l’idiozia» continua House che è l’unico a non capire di dover stare zitto. Cox nel frattempo si è defilato indisturbato ed è andato a cercare tregua nell’ufficio vuoto di House.
«House, esci immediatamente» intona con uno sguardo minaccioso Cuddy mentre Chase prova a fatica a somministrare un sedativo alla paziente in preda a una crisi di nervi.
House con un’espressione colpevole, ma soddisfatta, esce e si dirige nel suo studio dove Cox sta frugando nei cassetti della cucina alla ricerca di qualcosa da bere. House apre il cassetto della scrivania e prende dal fondo una bottiglia, quella buona.
Eccoli là, che bevono scotch da una tazza per il caffè e brindano alla stupidità.
«Questo è stato ufficialmente il mio non caso più noioso della storia dei casi noiosi» afferma House mentre sorseggia dalla sua tazza un ottimo scotch e aggiunge: «ma devo ammettere che un tipo come te non mi era mai capitato prima, un insieme pericoloso di boriosità e insicurezza» continua House.
Cox lo guarda con aria strafottente, ma sa che il collega ha ragione e, senza capire il perché, in fondo lo rispetta. Non hanno bisogno di parole di circostanza, non ci sono silenzi imbarazzanti. Cox sente che House lo capisce davvero e che non c’è nulla che deve dimostrare. L’ufficio è silenzioso, Greg continua a far rimbalzare la sua pallina a terra mentre Perry guarda fuori dalla finestra: è buio pesto e si è appena ricordato che si trova a migliaia di chilometri di distanza da casa.
Cuddy li raggiunge per informarli che la paziente è andata via senza dire nulla. È stanca, delusa e mentre si toglie le scarpe che le soffocano i piedi, Wilson si precipita di corsa nell’ufficio.
«Venite a vedere: in ambulatorio c’è un uomo che si è fratturato il pene» pronuncia Wilson divertito dalla soglia della porta.
«Ma qui non ci si annoia proprio mai. Se non vi detestassi tutti dal profondo delle mie viscere resterei a fare gli origami con voi, ragazzi» aggiunge Cox che ha quasi ritrovato il suo inguaribile sarcasmo.
In ambulatorio, un tipo agitato e logorroico sta spiegando a un’infermiera che non gli interessa che è tardi perché lui ha percorso ben 4.000 Km per arrivare in una struttura decente che possa ripristinare la sua situazione idraulica compromessa. Wilson, un medico stimato e rispettabile, riesce a stento a trattenere la risata. House, appoggiato al suo bastone, e Cox, con le braccia conserte, lo guardano divertiti con sguardo solidale ma disgustato, quando una voce calda e profonda interrompe quel fugace momento di gioia.
«Gregory House e Percival Ulysses Cox?» domanda un ufficiale della polizia che prosegue: «sono l’agente Mike Biggs e questo è il mio partner McMillan, partner di lavoro, ovvio, non di vita. Dovete seguirci in centrale: c’è una denuncia a vostro carico da parte della Signora Skyler White per maltrattamenti aggravati e negligenza» poi, avvicinandosi ai due, li annusa e conclude «e a quanto pare dovremmo aggiungere anche abuso di alcol in servizio».
«Lo sapevo che era una grandissima s*****a!» esclama House.
Cuddy – che ha assistito alla scena in disparte, senza dire una parola – con aria rassegnata e sfinita lascia cadere a terra una cartellina metallica. E fu così che il dottor House e il dottor Cox vennero spediti a un’assurda e bizzarra terapia di gruppo per alcolisti anonimi in mezzo all’oceano: il compromesso migliore tra la revoca dell’abilitazione e i lavori socialmente utili. Ma questa è un’altra storia.
La domanda ora è: cosa ci fa al Princeton Plainsboro un fastidioso tipo di Los Angeles con il pene fratturato?